Cassazione. Sequestro al canile che custodisce troppi animali in spazi angusti. “Benessere animale sacrificato a logiche di profitto”
Resta sequestrato il canile che custodisce troppi animali in spazi angusti, al di là di eventuali lesioni. Il reato ex articolo 727 Cp si configura se le condizioni di custodia provocano sofferenza alle bestiole anche senza pregiudizio all’integrità fisica. Ai fini del fumus basta il sovraffollamento della struttura. Cassazione, sentenza 37859 del 16.9.14
Se la Corte dei diritti dell’Uomo ha appena chiuso la procedura di infrazione contro l’Italia per le carceri troppo strette, lesive della dignità dei detenuti, la Cassazione fa lo stesso nei confronti dei canili: se le gabbie in cui sono rinchiusi i cani sono eccessivamente anguste, scatta il sequestro della struttura, nonché il reato a carico dei proprietari. E ciò anche se non c’è stato alcun maltrattamento apparente nei confronti degli animali.
È questa la sintesi di una sentenza depositata il 16 settembre che ha condannato per “Abbandono di animali” i gestori di un canile. In particolare, il reato scatta se le condizioni di custodia provocano sofferenza alle bestiole anche senza pregiudizio all’integrità fisica. Invece, per il sequestro è sufficiente la semplice prova del sovraffollamento della struttura: esso rappresenterebbe, a detta dei giudici, un serio elemento a dimostrazione della detenzione degli animali in condizioni incompatibili con la loro natura, tale da provocare negli stessi uno stato di grave sofferenza.
La legge impone che per ogni animale vi sia una superficie disponibile di almeno 6 metri quadrati per poter correre, giocare e sfogarsi (secondo la tipologia di canile).
Nel caso di specie, invece, si trovavano rinchiusi ben 693 animali in un canile rifugio che poteva accoglierne al massimo 200 e 194 nel canile sanitario a fronte di un capienza massima di 20. Inoltre, la superficie a disposizione di ogni animale, 4 metri quadrati, era di gran lunga inferiore a quella imposta dalla norma.
La Cassazione specifica che, se le pessime condizioni in cui vengono custoditi gli animali non sono dettate da particolari esigenze (come, per esempio, quella di combattere il randagismo), ma risultino tali da provocare negli stessi uno stato di grave sofferenza, scatta la condanna penale. E ciò indipendentemente dal fatto che in conseguenza di tali condizioni di custodia l’animale possa subire vere e proprie lesioni dell’integrità fisica.
22 settembre 2014