Sul fronte degli investimenti poche novità: Casse previdenziali e Fondi pensione continuano a puntare sull’estero. Le prime hanno mantenuto investimenti domestici sui 34,8 miliardi (il 36% delle loro attività), con un calo del 3,9% rispetto al 2018. Gli investimenti all’estero sono invece cresciuti del 4,1%, raggiungendo i 48 miliardi. Anche i Fondi hanno rafforzato la componente estera dei portafogli con investimenti giunti a 99 miliardi (65,9% dell’attivo),in crescita del 3,4%, mentre gli investimenti domestici si sono fermati a 40,3 miliardi, in calo di un punto sul 2018. Secondo l’osservatorio Covip, al netto degli investimenti immobiliari e dei titoli di Stato, le risorse finanziarie destinate alle imprese italiane da questi investitori istituzionali possono essere calcolate in 11,8 miliardi (9,8 nel 2018), così suddivisi: 6,6 (5,4 nel 2018) da parte delle Casse di previdenza e 5,2 (4,4 nel 2018) impiegati dai Fondi pensione. Si tratta, complessivamente, di circa il 4% del totale degli attivi: il risparmio previdenziale intermediato da Casse e Fondi pensione a fine 2019 ha raggiunto infatti i 281,1 miliardi, il 15,7 % del Pil: 96 miliardi fanno capo alle Casse di previdenza e 185,1 miliardi ai Fondi pensione.
Mario Padula ha colto l’occasione della presentazione dei dati per tornare a denunciare la mancanza di una regolamentazione unitaria per le Casse, un provvedimento atteso da nove anni e che nessuno dei diversi governi che si sono succeduti ha voluto adottare. «Le Casse – ha detto Padula – sono così gli unici investitori istituzionali privi di una regolamentazione unitaria, nonostante gestiscano risparmio previdenziale obbligatorio. Col risultato che continua ad ampliarsi il divario regolamentare tra Casse e Fondi pensione, anche per effetto dell’incidenza per questi ultimi della disciplina Iorp II. L’emanazione del regolamento fornirebbe invece una cornice normativa oggettivamente necessaria per favorire il processo di rafforzamento di procedure e assetti organizzativi professionali e tecnici delle Casse, ma anche sufficientemente flessibile da assicurare ai singoli enti l’adozione di scelte gestionali autonome e responsabili, in ragione delle rispettive specificità».