Avevano allevato in casa due dogo argentini — un incrocio di bulldog, bull terrier e mastini, una delle razze che vengono utilizzate per i combattimenti — convinti che potessero convivere in famiglia. Anche con il piccolo di appena un anno e mezzo. Aggredito ieri a mezzogiorno mentre giocava in giardino, accanto alla piscina. Letteralmente sbranato con morsi alla testolina, alla carotide, all’addome, sul corpo che la madre ha invano tentato di difendere dall’assalto, ferita pure lei.
Ma la vera ferita questa donna disperata, Rosaria Crisafulli, 34 anni, se la porterà addosso per sempre, con il marito che in questa villetta alle pendici dell’Etna aveva installato pannelli neri alti due metri tutt’intorno, per evitare contatti fra i cani da guardia e gli estranei.
Una precauzione inutile per chi stava in casa, compreso il bimbo che secondo questi due genitori adesso in lacrime avrebbe dovuto familiarizzare con le due bestie di tre e otto anni.
Era al lavoro al momento della tragedia il papà del piccolo, lontano dalla dimora di via del Bosco dove l’allarme è stato lanciato dall’urlo di una vicina di casa. La prima ad accorgersi dell’aggressione. Un urlo udito dalla madre che, allontanatasi per prendere qualcosa in soggiorno, aveva sventuratamente lasciato solo il piccolo sul prato, a due passi dalla piscina e da due moto di grossa cilindrata parcheggiate sul vialetto. Area ritenuta sicura perché i cancelli erano sprangati. E invece diventata in un istante un’arena dell’orrore.
I cani, infatti, visto il bambino da solo con i suoi giochini, si sono lanciati verso la preda senza lasciare scampo all’esistenza di una creatura che mamma Rosaria ha provato a separare dai mastini. Beccandosi morsi ai polpacci, ai polsi, al viso, riuscendo a cacciarli via in un lago di sangue quando il sacrificio era ormai compiuto.
Li ha rinchiusi a fatica, dando l’allarme rimbalzato in pochi minuti ai centralini del 118, dei carabinieri, del Comune, della Procura della Repubblica di Catania. Ma è stato inutile provare a salvare il piccolo facendo atterrare su questo centro all’ombra del vulcano, con le villette in ordine e le stradine di lava nera, un elicottero attrezzato con medici e infermieri decisi a tentare l’impossibile. Un volo verso Catania, per madre e figlio. Verso l’ospedale Cannizzaro dove, appena atterrati, hanno poi dovuto ripiegare per il bimbo sulla marmorea sala dell’obitorio.
Il comandante dei vigili urbani di Mascalucia, Carmelo Zuccarello, appena arrivato in via Del Bosco, ha fatto catturare i due nervosi molossi regolarmente denunciati all’anagrafe canina, affidandoli ai tecnici dell’Azienda sanitaria. Sul posto il vice sindaco del paese, Fabio Cantarella, un giovane impressionato dalla scena: «Non si può morire così, non può morire così un bambino. Prego per lui e prego per la madre…».
Una storiaccia che, appena approdata in Procura, ha determinato la necessità di «un atto dovuto», come definisce il procuratore Carmelo Zuccaro l’incriminazione della madre per omicidio colposo. Un’inchiesta affidata al sostituto Fabio Aliotta per gli accertamenti finalizzati a escludere o confermare eventuali comportamenti negligenti della madre e per l’autopsia del bimbo, forse questa mattina.
Dal Codacons il segretario nazionale Francesco Tanasi grida allo scandalo di non avere affrontato con una chiara norma di legge «la questione dei cani aggressivi e potenzialmente pericolosi per la salute dell’uomo». Chiede «un patentino obbligatorio per chi possiede cani potenzialmente pericolosi». E protesta: «L’aver eliminato la lista delle diciassette razze di cani a rischio introdotte dall’ex ministro Turco ha di fatto cancellato qualsiasi obbligo per i loro proprietari». Divampano le polemiche, anche se stavolta la tragedia non è provocata da cani randagi, ma da bestie allevate in casa.
Felice Cavallaro – Il Corriere della Sera – 17 agosto 2016