Il ministro Catania: rincari causati da petrolio e calamità naturali Al Sud le incognite sono maggiori. Non abbiamo alcun potere di carattere coercitivo: a fare da calmiere potrebbe essere la stessa filiera agroalimentare
L’agenda per la crescita non sarà virtuale, assicura Mario Catania, ministro per le politiche agricole. Ma i conti, ammette, bisogna farli anche con la crisi e la recessione. E con fenomeni meteorologici, come la siccità, che rischiano di pesare ancora di più sulle tasche dei consumatori. Ministro, è vero che dobbiamo prepararci ad aumenti dei prezzi di alcuni generi alimentari? «La preoccupazione è fondata. Da un lato c’è uno scenario mondiale con una tensione molto forte sui prezzi delle commodities agricole, dal mais al frumento, che rischia di essere amplificato dalla speculazione. Dall’altro bisogna fare i conti con la siccità che ha colpito l’Europa del centrosud. E poi c’è il petrolio, con i costanti rincari sulla benzina. Forse è giunto il momento per il mondo industrializzato di ripensare alla scelta di utilizzare prodotti agricoli per produrre energia». Dove e quando scatteranno gli aumenti? «Saranno graduali anche perché la stessa filiera agroalimentare, in tempi di contrazione dei consumi, eviterà di appesantire ulteriormente la condizione dei consumatori. Ipotizziamo tensioni non in simultanea sulle carni, sull’intera filiera del vino e su alcuni prodotti ortofrutticoli, penalizzati dalla siccità più di altri». I Comuni non faranno più cassa con gli oneri di urbanizzazione evitare aumenti irragionevoli. «Certo, ma non abbiamo come ministero strumenti coercitivi di intervento. Non esiste insomma la possibilità di calmierare i prezzi. Possiamo però determinare scelte diverse di politiche dell’energia, come detto, e soprattutto esigere a livello internazionale che il mercato dei derivati sia limitato. Perché è soprattutto qui che gioca la speculazione». Rincari in vista e un’agenda per la crescita che molti giudicano insufficiente. Che ne pensa? «Che si tratta di valutazioni ingenerose. Il consiglio dei ministri della scorsa settimana è stato, come già spiegato alla vigilia dal presidente Monti, un seminario in base al quale ogni ministro ha potuto indicare idee e progetti per la crescita. Tra poco, a settembre, si vedranno i primi effetti. Penso soprattutto al pacchetto di misure destinato a facilitare l’attività delle imprese: da noi non è importante solo ridurre l’area del pubblico ma rendere le regole che presiedono all’attività delle aziende più semplici ed efficaci». C’è ancora spazio per il Mezzogiorno in questo scenario? «Naturalmente sì. Ma bisogna rimuovere due elementi negativi. Il primo: in quasi tutto il Mezzogiorno c’è una classe dirigente che aggrava certi elementi strutturali di debolezza, perché non è sempre qualitativamente all’altezza delle nuove sfide. Il secondo è la criminalità organizzata che diventa anche fattore disincentivante per l’economia. E vero, per anni al Sud si è trasferita l’industria pesante, specie chimica, che ha finito per creare più devastazioni che sviluppo. Se continuiamo a martoriare l’ambiente,
non ci sarà speranza per quest’area». Lei sta conducendo una battaglia per evitare l’ulteriore cementificazione del Paese: a cosa mira? «Conto di portare il mio disegno di legge entro settembre al Consiglio dei ministri. Voglio impedire che si costruisca ancora sui terreni agricoli. A cominciare dall’abolizione della norma che consente ai Comuni di fare cassa con gli oneri di urbanizzazione ogni volta che anziché riqualificare capannoni già esistenti ma abbandonati, si accetta di farne edificare di nuovi. Proprio al Sud e in Campania è un fenomeno diffuso: se si continua così non recupereremo mai più spazi all’agricoltura e vivibilità per tutti».
ItaliaOggi – 28 agosto 2012