di Francesco Cerisano. Disco verde sul contratto degli statali. La Ragioneria generale dello stato ha dato parere positivo all’accordo per il nuovo Ccnl del comparto delle funzioni centrali (ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici) firmato lo scorso 23 dicembre. Ora servirà l’ok del governo (che potrebbe arrivare già nel prossimo Consiglio dei ministri previsto per venerdì) e la registrazione da parte della Corte dei conti e poi il nuovo contratto dei 240 mila lavoratori pubblici potrà dirsi a tutti gli effetti in vigore, aprendo la strada agli aumenti medi mensili di 85 euro e agli arretrati che verranno corrisposti con un’una tantum di importo variabile (dai 370 euro della classe retributiva più bassa ai 712 di quella più alta, per una media di 492 euro). L’esecutivo punta a far arrivare gli aumenti in busta paga già a febbraio. Obiettivo possibile se il via libera di governo e Corte conti arriverà in tempi rapidi.
Più complesse, si stanno invece rivelando le trattative per chiudere i contratti degli altri comparti (scuola, sanità ed enti locali). Per gli ultimi due, in particolare, lo stallo è legato alla mancanza di risorse, lamentata da regioni e comuni chiamati a finanziare gli aumenti contrattuali con i propri bilanci. Per i sindaci servirebbero 360 milioni per neutralizzare l’impatto economico del nuovo contratto sui comuni più in difficoltà. Per le regioni, invece, il conto è molto più salato. «Mancano 800 milioni», osserva Massimo Garavaglia, assessore al bilancio della regione Lombardia e presidente del comitato di settore regioni-sanità. «Il fondo sanitario per il 2018 è incapiente, questo è evidente e lo sa anche il Mef».
«La parte normativa del nuovo contratto è ormai definita», prosegue Garavaglia, «ma non possiamo sederci attorno a un tavolo con Aran e sindacati per definire la parte economica se non siamo certi delle risorse a disposizione. Questa situazione di incertezza sta sfiancando noi e i lavoratori che da 8 anni attendono un nuovo contratto».
Gli infermieri in particolare sono sul piede di guerra. Lamentano di non essere sufficientemente valorizzati (soprattutto dal punto di vista economico) nel nuovo contratto e giudicano inaccettabile la richiesta di derogare alla normativa europea sull’orario di lavoro. Per questo oggi i due sindacati infermieristici presenti al tavolo nazionale (Nursind e Nursing Up) invieranno al comitato di settore una lettera congiunta in cui si preannuncia lo stato di mobilitazione della categoria che potrà anche sfociare in uno sciopero nazionale. «Il testo del nuovo contratto non deve essere peggiorativo rispetto a quello esistente», lamenta il segretario nazionale Nursind Andrea Bottega che boccia come «inammissibili» le deroghe sugli orari di lavoro e si augura che vi sia «la possibilità di introdurre aspetti migliorativi sul fronte economico, delle indennità e degli incarichi». Molti sono infatti gli aspetti non ancora affrontati nei tavoli tecnici (l’ultimo si è tenuto ieri), a cominciare dalle relazioni sindacali, fino all’erogazione del servizio mensa e alla disciplina della mobilità.
ItaliaOggi – 17 gennaio 2018