di Stefano Carrer. Il Giappone punta molte carte sul settore alimentare, che negli intendimenti del governo dovrà rappresentare in futuro uno dei cardini delle esportazioni: non a caso sta predisponendo una presenza molto qualificata a Expo Milano 2014 in quanto punta su quella che sarò una grande vetrina internazionale per la promozione della cucina nipponica.
Raddoppio export alimentare entro il 2020
Il Gippone sta anche perdendo complessi e remore che erano scattati dopo il disastro nucleare di Fukushima Daiichi. Fino a poco tempo fa, la parola d’ordine era mettere la sordina a tutto quanto potesse indurre i consumatori stranieri a ricordarsi del più grave incidente nucleare dopo quello di Chernobyl, in quanto ciò interferirebbe con i piani governativi di raddoppiare le esportazioni alimentari entro il 2020.
Riprende l’export di riso prodotto a Fukushima
Ma è appena arrivata una notizia in senso contrario, che comunque rappresenta un segnale di fiducia nella ripresa di immagine del Giappone in termini di sicurezza alimentare: per la prima volta dal 2011, riprendono le esportazioni di riso prodotto nella provincia di Fukushima. La Federazione delle cooperative agricole ha annunciato l’invio di 300 chilogrammi a Singapore di riso coltivato in una zona che si trova tra i 60 e gli 80 km dalla centrale nucleare di Fukushima Daiichi. Un gesto poco più che simbolico, dunque, visto che nonostante gli sforzi delle cooperative locali resta quasi impossibile trovare retailer esteri disposti a commercializzare prodotti alimentari provenienti dalla provincia agricola colpita fin troppo ingiustamente (nel senso che è stata una sfortuna che la centrale nucleare avesse proprio il nome della prefettura).
Anche i flussi turistici tornati a livelli record
Le autorità locali da tempo sottolineano che i prodotti agricoli della zona sono sicuri, in base a test rigorosi che escludono la presenza di livelli anomali di radioattività e rischi per la salute. Prima dell’incidente, comunque, dall’area di Fukushima si esportavano oltre un centinaio di tonnellate di prodotti della terra, per lo più riso e frutta (mele e pesche). I mercati principali di sbocco erano Hong Kong e Taiwan. Ora la strada resta in salita. Ma se il Giappone può permettersi di annunciare anche una piccola ripresa dell’export da Fukushima, significa che si sente sicuro non solo della mancanza di problemi di contaminazione, ma di poter affrontare il relativo rischio di immagine. Del resto, anche sul fronte del turismo il Sol levante sembra non avere più problemi: i flussi turistici sono tornati a livelli record. Nessuno ha più paura.
Il Sole 24 Ore – 24 agosto 2014