Silvia Bencivelli. Che cosa sta succedendo, che cosa succederà, e perché tante coincidenze con terremoti precedenti? Lo abbiamo chiesto al geologo e sismologo Alessandro Amato, dirigente di ricerca dell’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) ed ex direttore del Centro nazionale terremoti.
CHE COSA STA SUCCEDENDO ALL’APPENNINO? PERCHÉ TANTI TERREMOTI IN QUELLE REGIONI?
«L’Appennino si sta, in un certo senso, allargando — spiega Amato — E lo sta facendo a un ritmo di 3-5 millimetri all’anno. Significa che più o meno ogni due secoli c’è un metro di “trazione” da compensare, lungo tutta la penisola». Per un po’, la situazione rimane stabile, e a noi sembra di poter stare tranquilli. «Questo avviene perché lungo l’Appennino abbiamo faglie attive che per decenni, secoli, resistono a questa trazione. Però a un certo punto cedono, d’un tratto. Ed è così che arriva il terremoto o una serie di terremoti», prosegue Amato. Queste faglie insistono su segmenti di 20-30 chilometri, di conseguenza i terremoti avvengono non su tutta la penisola, ma in zone sempre abbastanza limitate.
STANNO AUMENTANDO I TERREMOTI IN ITALIA?
No, è solo un’impressione. «Anzi sono 36 anni che non avviene un grandissimo terremoto, di magnitudo intorno ai 7, come quelli che nel passato hanno colpito Messina o l’Irpinia, o Avezzano, ma è comunque difficile da dire. Ci sono oscillazioni normali della sismicità e i terremoti non avvengono mai in maniera regolare e periodica». In genere si nota che terremoti importanti in Italia avvengono ogni quattro o cinque anni, e anche stavolta quindi ci siamo.
QUESTO TERREMOTO HA AVUTO MAGNITUDO 6: È STATO PERCIÒ FORTE COME QUELLO DELL’AQUILA, CHE ERA DI MAGNITUDO 6.2?
In realtà, in termini di energia liberata il terremoto aquilano è stato molto peggiore. «Tra un terremoto di magnitudo 6 e uno di magnitudo 6.2 l’energia liberata è il doppio. Perché la magnitudo si misura con una scala logaritmica e da un punto all’altro l’energia aumenta di 32 volte». Insomma: non si possono fare valutazioni a spanne. E comunque l’informazione da sé sarebbe incompleta. «Ci possono essere variazioni importanti, per esempio nella frequenza delle onde sismiche». E anche alla profondità dell’ipocentro non si possono attribuire molte differenze o analogie tra i due terremoti: «Questi terremoti rompono comunque tutta la parte fragile della faglia. Cioè l’ipocentro è solo il punto di inizio della rottura. In questo caso l’ipocentro del terremoto è stato meno profondo, ma può aver fratturato la faglia verso l’alto e verso il basso. Comunque, andranno fatti tutti i calcoli del caso anche prima di fare queste considerazioni».
ED È UN CASO CHE SIA AVVENUTO QUASI ALLA STESSA ORA DEL TER-REMOTO DELL’AQUILA?
«Potremmo elencare tutti i terremoti avvenuti in Italia al mattino, come quello di Colfiorito. O come quello del Molise, che infatti ha visto la tragedia dei bambini deceduti nel crollo della loro scuola», insiste Amato. O quelli che sono successi di sera, come quello dell’Irpinia. A margine si potrebbero fare considerazioni su come cambia la distribuzione delle persone sul territorio a seconda dell’ora in cui avviene la scossa (ciascuno a casa propria a dormire, o tutti concentrati in pochi posti, come scuole e sedi di lavoro). Ma anche questo lascia il tempo che trova.
IN QUESTO CASO IL TERREMOTO NON È STATO PRECEDUTO DA UNO SCIAME SISMICO: È UN’ECCEZIO-NE?
«Al contrario: è praticamente la regola». Anche su questo Amato vuole essere chiaro. «Semmai è stata un’eccezione l’Aquila. È difficile fare statistiche precise e indicative, ma il più delle volte non ci sono scosse, oppure ci sono scosse minime e isolate, come è successo in Emilia. Mentre ogni anno in Italia ci sono decine di sequenze sismiche, e dal terremoto dell’Aquila a oggi ce ne saranno state 200-300, che non vengono seguite da terremoti». Abbastanza inutile, quindi, per le conoscenze scientifiche del momento, considerare il fenomeno un precursore.
CHE COSA PUÒ SUCCEDERE ADESSO IN QUELLE ZONE? E NEL RESTO DEL PAESE?
Lì può ancora succedere qualcosa. «Ci aspettiamo che, come sempre, ci sia una serie di scosse che dureranno giorni, i cosiddetti aftershock ». Quanti e quali, impossibile però da dire: «Nel giro di un mese o due decadono, sia di numero sia di intensità, ma nei primi giorni le oscillazioni possono essere importanti », prosegue Amato. Addirittura essere quasi forti come la scossa principale. Perciò cautela. Mentre per quanto riguarda il resto del paese: «Ricordiamo che anche un giorno o due prima della scossa c’erano stati piccoli terremoti in Sicilia e altre parti d’Italia. Lì l’attività sismica prosegue come sempre». Imprevedibile. Perciò l’unico modo per difendersi, è prevenire i danni.
Repubblica – 25 agosto 2016