Ci rimettono i pensionati, che non godono delle detrazioni Irpef come i lavoratori dipendenti fino a 55mila euro di reddito, ma subiranno invece il probabile taglio dell’aliquota delle spese detraibili (mediche, mutui, ecc.) dal 19 al 18%. Va male, molto male, anche per i dipendenti pubblici, che perderanno potere d’acquisto poiché i loro contratti resteranno bloccati per il quinto anno consecutivo, con un mancato aumento delle retribuzioni che si può stimare di circa il 10%. Non ci guadagneranno nulla, come al solito, quei milioni di contribuenti che, avendo guadagni così bassi da non presentare la dichiarazione dei redditi, non godono di deduzioni e detrazioni. Penalizzati i proprietari di seconde case usate per vacanza o comunque non affittate. Vai al servizio del Corsera
Infine andrà male anche per chi ha un po’ di risparmi investiti: basta superare 17.100 euro e l’imposta di bollo sale dallo 0,15% attuale allo 0,2%.
PENSIONI Il congelamento e la beffa delle detrazioni
Non c’è pace per i pensionati. La riforma della previdenza Fornero aveva bloccato l’adeguamento all’inflazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo per il biennio 2012-2013. Il disegno di legge di Stabilità del governo Letta contiene un nuovo blocco della perequazione, per tre anni, dal 2014 al 2016, ma per le pensioni superiori a sei volte il minimo, pari a 2.972,6 euro al mese. La manovra colpisce però anche le pensioni di importo compreso fra 1486,3 euro e 2.972,6 euro, cioè fra tre volte e sei volte il minimo. Per queste, infatti, l’adeguamento all’inflazione non sarà pieno, ma parziale. Per la precisione, la rivalutazione ai prezzi sarà garantita al 90% per i trattamenti complessivamente superiori a tre volte il minimo e pari o inferiori a quattro volte il minimo ( 1981,7 euro), «con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi». Sarà penalizzato quindi l’intero importo della pensione e non solo la parte eccedente tre volte il minimo. Stessa cosa per gli assegni di importo fra quattro e cinque volte il minimo, cioè 2.477,2 euro al mese, che saranno complessivamente indicizzati al 75%, e per le pensioni fra cinque e sei volte il minimo che saranno adeguate solo al 50% dell’andamento dei prezzi. Chi ha una pensione oltre 2.972,6 euro se la vedrà invece interamente congelata ancora per un triennio. Il disegno di Stabilità contiene anche un «contributo di solidarietà» sulle quote di pensione eccedenti i 150mila euro annui. Per tre anni, 2014-16, sugli importi compresi fra 150mila e 200mila euro lordi annui, è dovuto un contributo del 5%, che sale al 10% sugli importi fra 200mila e 250mila euro lordi al 15% sulle somme eccedenti i 250mila euro lordi. Dal prelievo deriveranno maggiori entrate nette di 12 milioni all’anno nel triennio. Coloro che subiranno il contributo dal 5 al 15% sono circa 3.500 su un totale di 16,5 milioni di pensionati. I quali poi non beneficeranno delle sia pur modeste detrazioni per i lavoratori dipendenti, ma, se scatterà il taglio al 18% dell’aliquota delle spese detraibili, perderanno in media 25 euro di sgravi all’anno. Enrico Marro
GLI STATALI Taglio del 10% al salario dallo stop ai nuovi contratti
Il blocco della contrattazione, confermato per il 2014, che arriva così al quinto anno consecutivo, in parallelo con la crisi, tagliando complessivamente del 10% il salario medio di un impiegato. Blocco che potrebbe essere prorogato ancora, visto che viene sospesa fino al 2017 l’indennità di vacanza contrattuale, che dovrebbe compensare proprio i mancati rinnovi. E ancora le nuove regole sulla buonuscita, che dall’anno prossimo verrà pagata in un’unica tranche solo se non supera i 50 mila euro. Non è una sorpresa, anzi una conferma dell’orientamento degli ultimi anni, ma il settore dei dipendenti pubblici è tra quelli che perdono di più con la nuova Legge di Stabilità. In realtà c’è anche un altro capitolo che dovrebbe portare allo Stato una bella fetta di risparmi: il taglio degli straordinari pari al 10% rispetto ai livelli dell’anno in corso, con un sforbiciata più leggera (solo il 5%) per poliziotti, militari e vigili del fuoco. Ma su questo punto sembra fin da ora molto probabile una modifica nel corso dell’esame parlamentare. Difficile cancellare del tutto il taglio, probabile che vengano «salvate» proprio quelle categorie che già nel testo uscito da Palazzo Chigi erano state trattate meglio. Nei giorni scorsi il ministro per la Pubblica amministrazione aveva aperto uno spiraglio dicendo che si «potrebbe immaginare di differenziare il taglio o circoscriverlo solo a quelle attività lavorative che non comportino sforzi di natura operativa». E sul salvataggio degli straordinari per il cosiddetto comparto sicurezza di fatto ci sarebbe già un accordo fra Pd e Pdl. Nel testo finale non è poi entrata la possibilità di tagliare lo stipendio al dipendente pubblico che viene spostato ad altre mansioni, per le quali è prevista una busta paga più bassa. Mentre bisognerà aspettare un decreto attuativo per fissare un tetto alla retribuzione dei dirigenti di prima fascia. Lorenzo Salvia
RISPARMIO L’imposta raddoppia da 50 a 100 euro l’anno
La mini-patrimoniale sale di un altro scalino. L’aumento dal 20 al 22% della tassazione delle rendite finanziarie è stato per il momento archiviato, ma i risparmiatori saranno chiamati a pagare di più con l’arrivo dell’estratto conto dei loro investimenti. Se non ci saranno modifiche della legge di stabilità, infatti, l’attuale aliquota pari all’1,5 per mille su base annuale, nel 2014 salirà al 2 per mille. L’imposta che ha sostituito il bollo sulle comunicazioni finanziarie e che riguarda tutti gli investimenti (restano fuori fondi pensione, fondi sanitari e polizze vita ramo uno) diventa quindi più impegnativa per tutti, anche per gli intermediari, chiamati l’ennesima volta ad adeguare le procedure.
Facciamo due conti. Con un patrimonio investito di 50 mila euro, nel triennio 2012-2014 si saranno pagati, rispettivamente, 50 euro nel 2012 (quando la tassa era pari all’1 per mille), 75 euro nel 2013 (aliquota all’1,5 per mille) e 100 euro l’anno prossimo, se, appunto, l’imposta salirà al 2 per mille.
Va ricordato però che la tassa, applicata a conti di deposito, azioni, Btp, obbligazioni, fondi comuni e così via, ha un minimo non valicabile di 34,2 euro. Questo significa che, con l’aliquota al 2 per mille, fino a 17 mila euro (la soglia di invarianza della nuova percentuale) i risparmiatori pagano un conto ben più alto. Con 10 mila euro, per esempio, il fisso di 34 euro impone a chi li tiene investiti un’aliquota del 3,4 per mille. Un catenaccio creato, a suo tempo, da esigenze di gettito e criticato al momento dell’introduzione della tassa proprio perché penalizza chi ha posizioni di investimento molto piccole. Adesso c’è già chi si domanda se, con un’aliquota più alta, il governo non possa cercare di abbassare (o di levare del tutto) la soglia minima, in modo da rendere l’imposta più equa. Giuditta Marvelli
Il Corriere della Sera – 22 ottobre 2013