Nuovi inceneritori a biomasse, uso massiccio di prodotti chimici nelle zone del Prosecco, sempre più cave per l’estrazione di marna. Decine di scempi ambientali. E a farne le spese sono il territorio e la salute dei cittadini. Se all’origine di ogni fortuna c’è un crimine, nel ricco Nordest la vittima è stata sicuramente l’ambiente. E anche adesso che il miracolo è esaurito, piuttosto che puntare verso uno sviluppo più maturo si vorrebbero consumare anche gli ultimi ritagli di ambiente incontaminato. Lo conferma Legambiente che ha censito almeno una cinquantina di conflitti ambientali in corso nel Veneto, dove l’aggressione al territorio non conosce sosta da almeno 40 anni, con piani regolatori comunali e pat sovraccomunali, piani ambientali territoriali e regionali scrupolosi e rigidi solo sulla carta.
Da una parte c’è la proliferazione di inceneritori di biomasse e rifiuti, dall’altra l’uso massiccio di pesticidi che hanno consentito al prosecco di essere lo spumante più diffuso al mondo. Scempi contro cui si battono cittadini e associazioni del territorio con il loro impegno quotidiano.
Una di queste lotte è contro il cementificio Rossi, sorto 50 anni fa dentro il letto del Piave, che dà lavoro a un centinaio di persone dirette e ad altrettante indirette e produce 1 milione di tonnellate di clinker (cemento) l’anno, bruciando 60 mila tonnellate di petcoke (lo scarto ultimo e più venefico del petrolio) e 40 mila tonnellate di pneumatici sulle 47 mila incenerite in tutta Italia. Il cementificio è accusato di produrre fumi tossici contenenti benzopirene, monossido di carbonio e metalli pesanti che poi si spargono e si depositano su tutta la valle del Piave.
L’azienda replica esibendo i dati dei fumi presi dalla ciminiera che dimostrano essere perfettamente in regola. In regola però non sono i livelli di Ipa (idrocarburi policiclici aromatici) altamente cancerogeni che sono frutto della combustione di gomma, appunto, che impestano l’aria di Pederobba, e della stessa Valdobbiadene, patria del Prosecco. E oltre ai fumi che emette, il cementificio va anche alimentato con la materia prima. A far gola è una particolare marna che si trova grattando appena la cotica erbosa delle colline nei dintorni di Asolo, ai piedi del monte Grappa. Colline che vengono letteralmente spianate, anche se ospitano le rovine di una ventina di castelli medievali.
Sempre sulla cima del Grappa si combatte da 20 anni un’altra guerra contro la burocrazia ottusa e sprecona: quella contro i ruderi, che deturpano un’area di oltre trentamila metri quadri, di una base radar per il puntamento dei missili dislocati nel Nordest ai tempi della Guerra fredda. Base passata all’Enav e da quasi 30 anni inutilizzata ma mai dismessa, nonostante le comunità montane chiedano il rilascio e il ripristino dei percorsi e delle trincee della grande guerra che un’alta recinzione metallica interrompe assieme al flusso dei turisti di genere.
Ultimo in ordine di tempo, che vede tutti opporsi fuorché il comune trevigiano di Crespano, è il progetto per una funivia che dovrebbe collegare i piedi e la vetta del Grappa. Un progetto che sventrerebbe la montagna.
Ma impressionante è l’elenco delle battaglie ambientali in tutta la fascia pedemontana che taglia da est a ovest l’intera provincia – proprio l’area del prosecco docg – stilata dalla “Tribuna di Treviso”: a Pederobba il co-inceneritore della Cementi Rossi, nello stesso comune sono state presentate richieste per due nuovi co-generatori a biomasse; a Possagno, 5 chilometri più in là, la Provincia ha autorizzato un’azienda locale a trattare 10 milioni di pneumatici esausti l’anno; a Onigo di Pederobba, la Cementi Rossi ha chiesto l’ennesima proroga per spianare un’altra collina di marna: a Maser, altri 5 chilometri più a sud, si è progettato di realizzare il più grande impianto di trattamento di rifiuti speciali della provincia, che assiste a un’incredibile raffica di richieste di autorizzazione per inceneritori a biomasse, il nuovo business locale. “Micidiali dal punto di vista della redditività – li definisce Gianluigi Salvador, ex ingegnere Ibm ritiratosi a coltivare prodotti biologici nelle colline della Val Sana – rendono circa 260 euro l’ora, grazie ai contributi, cui va aggiunto il guadagno per lo smaltimento degli scarti usati come combustibile, tra i 120 e i 160 euro a tonnellata”.
E’ anche per questo che tra Borso del Grappa, Crespano e San Zenone, altri 5-6 chilometri più a ovest, arrivano progetti di co-generatori come se piovesse, guarda caso quasi tutti insistenti sull’area dell’oasi di San Daniele (zona poco abitata e perciò meno sensibile) per la cui difesa, a fianco degli ambientalisti, sono scesi anche i parroci, come quello di Liedolo, don Fabrizio Girardi, arrivato a celebrare una messa all’interno dell’oasi quasi a consacrarla; mentre don Antonio Moretto, pievano di Colbertaldo, quasi contemporaneamente tuonava dal pulpito contro l’abuso di pesticidi nell’area in cui si produce il prosecco, responsabili, per gli ambientalisti, dell’esponenziale aumento dei tumori tra i residenti dell’intera Usl 7.
“Zaia e la Lega hanno chiesto di inserire le colline del prosecco tra i luoghi Unesco patrimonio mondiale dell’Umanità – dice Salvador – colline dove la primavera è silenziosa perché gli uccelli sono scomparsi, dove la Provincia ha vietato il transito per 6 mesi sui percorsi naturalistici che attraversano i vigneti perché continuamente irrorati di pesticidi, dove i falò delle potature nei restanti mesi, combinando prodotti organici e clorurati, producono diossine che finiscono per depositarsi ovunque, anche sul prosecco”.
I parroci in subbuglio, i comitati dei genitori degli alunni delle scuole che denunciano occhi irritati e gole infiammate dei figli (proprio i questi giorni è partita una petizione per creare un’area di rispetto vigneti-free intorno alle scuole), due elicotteri precipitati mentre irroravano le vigne, con la morte di un pilota solo l’anno scorso, mentre cominciano a spuntare nei comuni più sensibili regolamenti sempre più rigidi contro l’irrorazione di pesticidi. Hai voglia, come hanno fatto Franco Adami, ex presidente del Consorzio del Prosecco Conegliano-Valdobbiadene, e il sindaco di Tarzo, Gianangelo Bof, uno dei 15 comuni trevigiani della Docg a sostenere “che a causare i bruciori è solo l’innocuo zolfo” e che “si usano unicamente prodotti a norma di legge”, minacciando di querela chiunque sostenga il contrario: “Fermiamo i talebani dell’ambientalismo – ebbe modo di dichiarare pubblicamente Bof – o ci troveremo a distruggere anche l’ultima attività produttiva sana ed ecologica del nostro territorio”.
Sarà, ma quando le colline erano coperte di boschi invece che di vigne non franavano come avviene invece ora a ogni pioggia un po’ più intensa del solito. E che dire di quanto accade un’altra dozzina di chilometri più a sud, a ridosso del tracciato della nuova superstrada pedemontana veneta, a Barcon di Vedelago, dove si vuole costruire un’enorme zona commerciale-industriale, (ce ne sono già oltre mille in provincia Treviso e molte fabbriche sono vuote da anni) con una cartiera e il macello più grande d’Italia (capace di 200 mila capi abbattuti e lavorati all’anno), interamente in trincea. Si calcola uno scavo di svariati milioni di metri cubi di ghiaia (preziosissima, si usa per fare il calcestruzzo e per realizzare la superstrada pedemontana ne serve un vero e proprio fiume) che per essere trasportata via necessiterebbe di un centinaio di camion al giorno per 5-6 d’anni. Proprio quelli necessari per finire l’opera viaria in costruzione. Perché in trincea? “Per evitare l’impatto ambientale e visivo – dice il sindaco di Vedelago Paolo Quaggiotto ex dc, leghista, ora sconfessato anche dalla Lega che teme la rivolta popolare – e quei numeri non sono corretti”.
“E’ solo una cava mascherata” tuona Fiorenza Morao di Primavera Civica. Non le danno sicuramente torto i parroci della Castellana, che a fianco del Credito cooperativo trevigiano, sono scesi in campo contro lo scempio della campagna, incuranti degli ipotetici trecento posti di lavoro sbandierati dalla Colomberotto di Moriago della Battaglia, decisa a realizzare il progetto alla faccia dei parroci e di tutte le opposizioni e soprattutto incurante di chi come Bruno Martino ha lanciato l’idea delle Cento Oasi intorno al monte Grappa. Un progetto che dovrebbe collegare e permettere di fruire le ricche aree naturalistiche, storiche e archeologiche che punteggiano come ultime sentinelle una delle regioni più belle d’Italia. E chissà se il governatore Zaia che sostiene di battersi contro il cemento e i capannoni prenderà finalmente posizione con i fatti e non solo a parole com’è avvenuto finora, a cominciare dallo stop alla grande miniera a cielo aperto progettata a Barcon di Vedelago.
L’Espresso – 24 agosto 2012