Un italiano su due che compra cibo biologico viene truffato. Lo dice un’indagine Coldiretti/Swg: il 46% di chi acquista subisce un inganno, anche se magari “a norma di legge”. Come? «Trovando in vendita prodotti che rispettano standard normativi inadeguati ai tempi», spiega l’organizzazione degli imprenditori agricoli, che propone di rivedere il concetto di “bio”.
In gioco ci sono i circa 3 miliardi di fatturato del settore, che vede crescere i consumi nonostante la crisi. Il termine “biologico”, ricorda Coldiretti, viene usato nel senso attuale per la prima volta negli anni ’70. «Allora il problema era la salute, la chimica – dice Stefano Masini, responsabile Ambiente e consumi dell’organizzazione. – Oggi la questione è l’inquinamento atmosferico, le emissioni di anidride carbonica. Se produci cibo rispettando certe norme, ma poi lo carichi su una nave o lo metti su un tir per fargli attraversare l’Europa, non dovresti poterlo certificare come “bio”. Invece è quello che è succede». Chi va a fare la spesa legge l’etichetta, aggiunge Masini, e si aspetta di comprare un prodotto privo di impatto sull’ambiente e sui diritti dei lavoratori, oltre che legato al territorio circostante. «Così si tradisce la fiducia di chi compra. Se coltivo in Ucraina senza inquinare il terreno, ma ciò che ne esce lo carico su dei camion, come posso parlare di biologico? Tra i criteri standard va introdotta la filiera corta».
Nel 2012 i consumi del comparto sono cresciuti di oltre il 7% rispetto al 2011. Coldiretti parla di 6 milioni di italiani che comprano regolarmente prodotti “bio”. E negli ultimi dieci anni i pasti biologici serviti nelle mense scolastiche sono raddoppiati. Un trend positivo che non coinvolge il numero di agricoltori che si dedicano a questo tipo di coltivazione: «Al contrario sono in calo, mentre aumentano gli importatori. Mentre Francia e Spagna aumentavano la superficie agricola destinata al biologico, noi la riducevamo. Nel nostro Paese i veri affari si fanno con la lavorazione e la vendita». Affari grossi: il fatturato del settore italiano è il quarto in Europa e il sesto in tutto il mondo. Ma chi ci guadagna non sembrano essere i coltivatori, né una parte importante dei consumatori.
Il Sole 24 Ore – 13 aprile 2013