Potrebbero essere le sue ultime ventiquattr’ore da leghista. Alla mezzanotte di domani scade l’ultimatum del “federale”, e Flavio Tosi deve scegliere. Per restare dentro dovrebbe disconoscere la sua fondazione, che ha fondato due due anni fa per lanciarsi, con il consenso dell’allora segretario Maroni e di Salvini, nella corsa a ipotetiche primarie del centrodestra.
Una corsa con addosso la maglietta della Lega. Non andrà così. Alla premiership ora aspira l’”altro Matteo”, e nel Veneto è scoppiata «la guerra civile», che si concluderà con la cacciata del sindaco.
Ma quello di Flavio Tosi non sarà un addio solitario. Tra i veneti di un qualche peso, (oltre a tutti i leghisti che amministrano Verona) lo seguiranno i consiglieri regionali Matteo Toscani, vicepresidente dell’assemblea, e Luca Baggio, presidente della Liga veneta, che hanno già formato un nuovo gruppo consiliare. E di sicuro l’assessore regionale Daniele Stival. Poi c’è un plotoncino di parlamentari, tutti veneti. Almeno cinque, tra Camera e Senato, ma ci sono anche alcuni dubbiosi. Non moltissimi, ma neppure pochi, se si considera che a Roma la Lega conta su 35 eletti. A Montecitorio sono 17, e quelli pronti ad andare con Tosi sono due: il primo è il vicepresidente vicario del gruppo, Matteo Bragantini; l’altro si chiama Roberto Caon. Il gruppo parlamentare così è a rischio. Seguiranno il sindaco anche due senatrici venete: Patrizia Bisinella, che di Tosi è la compagna, ed Emanuela Munerato, l’operaia che si una volta si presentò a Palazzo Madama con la tuta blu.
Se ne vanno anche loro perché, come lui ripete esattamente da una settimana, contro il sindaco di Verona, e segretario ancora in carica della Liga veneta sono state poste delle condizioni «inaccettabili». «Ma io non mi schiodo», aggiunge Tosi in tono di sfida. Facendo capire che dopo 25 anni di militanza con la Lega è davvero finita. Resta da capire il come e il quando di questo addio che solo pochissimi “pompieri” — così chiamano la pattuglia di leghisti che si sta sbracciando per propiziare una ricomposizione ormai pressoché impossibile — si ostinano a non dare per scontato.
Sul come, restano pochi dubbi. Tosi viene cacciato dallo stesso “consiglio federale” che lo ha commissariato da segretario del Veneto imponendo un commissario ad acta incaricato di comporre le liste in vista delle regionali. Liste dalle quali verranno defalcati gli uomini fedeli al sindaco, che in questo modo perderebbe la possibilità di condizionare Luca Zaia, sempre che il governatore uscente venga rieletto. La sentenza è già scritta: conflitto di interesse, il reprobo non può fare contemporaneamente il segreta- rio regionale, il capo di una fondazione che ha «fini politici» e il leader della lista che porta il suo nome. Lista che Tosi avrebbe voluto presentare alle regionali, la presenterà lo stesso, ma con lui candidato presidente. A quell’accusa il sindaco replica con toni durissimi: «Quella contro di me è una fatwa, e fa molto pensare il fatto che arrivi dopo più di un anno e mezzo di attività della mia fondazione, di cui tutto il movimento sapeva, e proprio adesso che si parla di elezioni regionali».
Ma un paio di giorni fa Tosi ha detto anche un’altra cosa: se in via Bellerio non cambieranno idea, «potrei anche dimettermi da segretario per poi candidarmi alla presidenza della Regione ». La novità sta nell’accenno a possibili dimissioni (non nell’annuncio della candidatura). In un caso o nell’altro — lo buttino fuori o se ne vada lui — c’è qualcosa di davvero surreale in questa partita a scacchi. Tosi ha convocato per sabato prossimo il consiglio “nazionale” della Liga veneta, lo stesso che si era riunito giovedì sera a Padova per respingere a larga maggioranza l’ultimatum di via Bellerio. All’ordine del giorno ci sono due punti: comunicazioni del segretario ed elezioni regionali. La domanda è d’obbligo: se venisse già espulso martedì mattina, a quale titolo Tosi parteciperebbe a quella riunione che ha addirittura convocato?
Nella storia della Lega questa stranissima convocazione è una cosa davvero senza precedenti. Che però aiutare a rendere il clima incandescente, che si respira nel Veneto. Un leghista fedele del sindaco prima apre un piccolissimo spiraglio e poi sembra chiuderlo: «Se a Milano vogliono, in teoria c’è ancora margine per trattare; ma la teoria e la pratica ci passa il mare, e l’unica cosa sicura è che Flavio non farà neppure un mezzo passo indietro». In questi giorni ne ha fatti parecchi, di passi. È andato perfino al Viminale, dove sta Alfano, a trattare con il Nuovo centrodestra. E ha visto pure Brunetta. Quello che sente più spesso è Corrado Passera, altro possibile partner dell’avventura. Che non a caso si dice «molto preoccupato per la radicalizzazione che Salvini sta dando alla Lega».
Tosi: «Salvini torni indietro o mi candido» Matteo stufo: basta, partita chiusa. Zaia: siamo in democrazia, faccia pure. E c’è una data per le liste: 14 marzo
venezia Lo strappo, ormai, è «irreversibile». Lo dicono gli uomini di Flavio Tosi, lo ribadiscono quelli di Matteo Salvini e lo confermano quelli di Luca Zaia. La decisione del consiglio «nazionale» di mettere alla porta Gianpaolo Dozzo, il commissario imposto da via Bellerio (13 voti a favore e 3 soli contrari, il veronese Paternoster e i trevigiani Coin e Paro), ha segnato a detta di tutti il punto di non ritorno di una vicenda che, per come si sono messe le cose, non può che concludersi nel peggiore dei modi e cioè con l’addio di Tosi alla Lega.
«Lo stesso Dozzo è rimasto allibito – racconta chi c’era – non esistono margini di mediazione». Il sindaco di Verona è irremovibile e ha già convocato per sabato prossimo un nuovo direttivo per discutere la formazione della lista del partito: «Se il consiglio federale non cambierà idea, io non resterò a fare il segretario “commissariato”. C’è chi mi dice di trattare ma io non tratto niente. Sono pronto a dimettermi, anche per una questione di dignità. E a quel punto, liberi tutti: potrei tornare a casa, andare a coltivare l’orto, chiudermi in seminario, oppure candidarmi a governatore. Non cerco scissioni ma un piccolo, modesto consenso ce l’ho». Dal giorno della celeberrima intervista alla Stampa che ha segnato l’inizio della fine, è la prima volta che Tosi ribadisce pubblicamente, in modo così inequivocabile, di poter correre contro Zaia. «Io sono sempre stato fin troppo corretto e leale, ho sempre sostenuto la sua ricandidatura. L’ho fatto anche lunedì scorso, salvo poi essere commissariato. La frattura è irreparabile ma questa situazione non l’abbiamo certo creata noi». Gli artefici, secondo il segretario nathional , sono due. Il primo è Salvini, che «con un atteggiamento irrispettoso» ha nominato Dozzo legato elettorale, «senza neppure raggiungere i tre quinti dei voti necessari in consiglio federale» e facendo una cosa «mai accaduta prima nella Liga». Il secondo è Zaia che, pur non citato da Tosi, è il chiaro bersaglio della stilettata per cui «nel mondo civile il modo per evitare le regole è rispettarle e in tal senso sarebbe utile che qualcuno qui in Veneto si degnasse di incontrare i dirigenti della Liga». Il governatore, infatti, anche giovedì non si è presentato in consiglio «nazionale». Lui e il sindaco non hanno più nulla da dirsi.
«Tosi vuole candidarsi? Siamo in democrazia – ha fatto ancora una volta spallucce Zaia – e ciascuno è libero di fare ciò che vuole. Io non partecipo al teatrino della politica e le beghe di partito mi annoiano. A giorni presenterò la campagna elettorale, ormai è pronta». Anche Salvini lascia intendere di aver definitivamente perso la pazienza e fa finta di nulla di fronte alle scudisciate di Tosi («Sono un uomo libero che a differenza di tanti altri antepone la coerenza e la dignità a qualunque altra cosa»; «Io non sono tipo da magliette o da felpe, non faccio politica in quel modo»): «Per me il capitolo Veneto è chiuso. Ho portato tanta pazienza (questo gli viene riconosciuto pure da Maroni, ndr .), abbiamo fatto tutte le riunioni del caso e anzi, ho lasciato fin troppo tempo. Il mio punto di riferimento è Zaia e chiunque non sostiene Luca fa una scelta legittima che però lo mette fuori dalla Lega. Chi continua a litigare annoia solo i veneti». Il segretario federale continua dunque a giocare sull’equivoco della candidatura di Zaia, che però non è mai stata messa in discussione da Tosi, con il quale lo scontro è semmai sulla composizione delle liste. Tant’è. Quando e come si chiuderà l’estenuante duello? Difficile dirlo, visto che lunedì, contrariamente a quanto previsto, non ci sarà alcuna riunione in via Bellerio (e dunque nessuna revoca del commissariamento). Salvini e Zaia hanno tutto l’interesse a chiudere in fretta la vicenda, così da gettarsi le divisioni alle spalle e partire con la campagna elettorale. E lo stesso potrebbe dirsi di Tosi, visto che se intende candidarsi a governatore dovrà pur organizzare una squadra. Ma forse l’obiettivo del sindaco è più sottile, quello di «far male» al suo nemico di sempre. E se così fosse, questa lunga battaglia fratricida può rivelarsi funzionale allo scopo ben più di molti spot e dibattiti tivù.
Repubblica e Corriere Veneto – 7-8 marzo 2015