«Se continua così, qua moriamo tutti di tumore». È l’aprile del 2015 quando la telecamera del regista Alessio Padovese registra l’angoscia di Sergio Gobbi, nato e vissuto (e spirato a 57 anni, di lì a poche settimane) nell’area avvelenata del Fratta-Gorzone. Un anno dopo, il caso delle sostanze perfluoroalchiliche è prepotentemente entrato nell’agenda pubblica.
E la voce dell’agricoltore di Merlara continua a risuonare attraverso il docufilm «Bandiza, storie venete di confine», visto e ascoltato ormai da 7.000 spettatori in 80 proiezioni. Ultima in ordine di tempo, la presentazione di ieri a Padova, dove in un incontro con gli autori della pellicola Matteo Lebran e Gianantonio Soligo, i rappresentanti del Movimento 5 Stelle e gli esponenti dell’ambientalismo, è stato rilanciato il grido di allarme di un uomo che passò gli ultimi mesi della sua esistenza «fra la chemioterapia, due interventi chirurgici, la radioterapia e un autotrapianto di staminali, con una dignità e un coraggio che non so dove abbia trovato e che ora tocca a me trovare», come ha confidato sua figlia Elisabetta, in una toccante testimonianza: «I Pfas uccidono. Anche se la legge non lo afferma, non importa, noi sappiamo che un cittadino su tre muore di cancro».
Tanto basta agli attivisti per andare avanti con la battaglia contro l’inquinamento, provando a combatterla su diversi fronti. Quello giudiziario, innanzi tutto. «Siamo di fronte ad un disastro ambientale su scala europea, di cui la politica non ha ancora capito la gravità», denuncia la consulente in diritto ambientale Marina Lecis.«Finora sono stati presentati due ricorsi amministrativi e due esposti penali, ma ora ne depositeremo altrettanti nelle procure di Padova e Rovigo», ha annunciato l’avvocato Giorgio Destro. Proprio nel suo studio nei giorni scorsi si è costituita «La terra dei Pfas» (iscrizioni aperte all’indirizzo laterradeipfas@libero.it). Un’associazione dal nome evocativo (a richiamare la «terra dei fuochi» tra Napoli e Caserta) e che ha come obiettivo quello di raccogliere il maggior numero di firme dei cittadini e poi dare vita nelle prossime settimane ad una class action per rivendicare il diritto alla salute e ottenere dei risarcimenti per l’inquinamento delle falde venete. «L’azione legale — spiega l’avvocato Destro — verrà condotta contro la Miteni di Trissino, indicata dall’Arpav quale sorgente di tale inquinamento, ma anche nei confronti della Regione Veneto per non aver tempestivamente provveduto alla tutela della popolazione e dell’ambiente». Ma l’associazione, presieduta da Renza Pregnolato, ha anche come cardine della propria attività quello di tenere informati i cittadini sugli sviluppi delle ricerche medico-scientifiche sui Pfas, grazie ad un team di esperti dell’ambiente. «È un problema di salute che hanno tutti i veneti — aggiunge il legale — e a cui adesso bisogna rispondere».
Poi c’è il piano politico, sul quale continua a campeggiare lo spettro della Miteni, che respinge le accuse (e riceve così la dura replica di Stefano Fracasso, attuale consigliere regionale del Partito Democratico ed ex sindaco di Arzignano: «Come si fa a dire che la colpa è del distretto della concia, la cui falda non è inquinata da Pfas? Piuttosto questa azienda segua l’esempio di quelle imprese, che ancora nel 2005 si divisero col ministero dell’Ambiente e con la Regione un piano di risanamento da 90 milioni»). All’attacco pure Sonia Perenzoni, consigliera comunale pentastellata di Montecchio Maggiore: «I risultati di un’analisi dell’Arpav del 23 marzo, sugli scarichi in uscita dal depuratore di Trissino, indicano che in un litro di acqua ci sono 17.164 nanogrammi tra Pfba, Pfbs, Pfoa e Pfos». Silvia Benedetti, deputata del M5S, ha firmato una proposta che impone il limite pari a zero: «La offro al governo, a cui piace tanto abusare del decreto-legge, affinché la utilizzi per una decretazione d’urgenza, mai tanto necessaria come in una situazione come questa».
Anche sulla necessità dell’intervento normativo Legambiente Veneto, con il suo presidente Luigi Lazzaro, ha invitato la sottosegretaria Barbara Degani ad un confronto il 14 maggio a Lonigo. Nel nome di Sergio Gobbi, che in «Bandiza» mormora: «Non trovo giusto che ci sia gente che si sia permessa di prevalere sulla vita degli altri».
Nicola Munaro Angela Pederiva – Il Corriere del Veneto – 2 maggio 2016