Il museo di Vicenza mette a disposizione le sue conoscenze naturalistiche per fronteggiare il fenomeno dilagante sui Berici
Il museo naturalistico Santa Corona di Vicenza è pronto a dare il suo contributo per combattere l´invasione di cavallette che sta mettendo in ginocchio l´agricoltura nei colli Berici.
La conferma arriva dal conservatore Antonio Dal Lago, sollecitato ad occuparsi del problema da Paolo Cazzola, uno dei soci di una cooperativa di San Germano dei Barici particolarmente colpita da questa nuova calamità.
«Il nostro istituto – afferma Dal Lago – possiede del materiale scientifico molto interessante sulla conformazione geologica dei monti Berici e sulle specie animali che popolano il territorio collinare. Abbiamo recentemente pubblicato un libro sugli insetti ma senza approfondire l´esame sulle cavallette, una specie che fino a qualche anno fa non aveva creato molti problemi. Siamo pronti a mettere le nostre conoscenze a favore della causa ma la mobilitazione deve essere generale. È necessario che le associazioni di categoria comprendano a pieno la gravità della situazione e che ci si muova in fretta per coinvolgere concretamente chiunque possa dare una mano a livello scientifico, pratico e istituzionale per affrontare questa emergenza».
Parole che Paolo Cazzola condivide in pieno.
«Quest´anno – spiega – il caldo e la siccità hanno fatto esplodere un fenomeno che fino all´anno scorso sembrava ancora solo un semplice fastidio. Finora le cavallette hanno colpito i terreni situati oltre i 150 metri di altitudine ma non è da escludere che prossimamente, se continuano le condizioni climatiche di tipo desertico a loro favorevoli, questi animali possano aggredire anche la pianura. E allora, davvero, il flagello potrebbe essere universale».
A conferma di quanto le sue preoccupazioni siano fondate, Paolo Cazzola invita a fare un giro nella sua azienda, alcuni campi coltivati con metodo biologico a 220 metri di altitudine tra San Germano e Pozzolo. Ovunque è un brulicare di insetti che saltellano per terra, si propagano velocemente e distruggono qualsiasi cosa di colore verde che si trovi nei paraggi.
«Un mio vicino – racconta Cazzola – si è accorto che hanno rosicchiato anche le foglie di una piantina di plastica che teneva sul davanzale. Trovano il loro habitat ideale nei campi incolti e la loro massiccia diffusione sui Berici è dovuta proprio allo stato di abbandono di molti appezzamenti. Si riproducono cinque volte all´anno: questi che vediamo ora sono gli esemplari della quarta generazione. Riusciamo a tenerle lontane solo abbeverando perché l´acqua è la loro grande nemica. Ma, siccome non si può annaffiare tutto il tempo, alla fine la spuntano sempre loro. Trovare un rimedio è assolutamente necessario, perché non si tratta di liberare dalle cavallette quattro campi in collina ma di salvaguardare l´agricoltura di tutta la pianura veneta».
Il Giornale di Vicenza – 1 settembre 2012