Un allevamento clandestino di cani da combattimento con esemplari di dogo argentino, pitbull e meticci incrociati con altre razze, e poi medicinali per arrestare le emorragie e quelli di solito dati ai cavalli per aumentarne le prestazioni in gara. È partita nel novembre scorso da Vallecrosia l’indagine della squadra mobile di Imperia e del commissariato di Ventimiglia che, in collaborazione con sezioni della polizia genovese e pavese, ha permesso di sgominare una rete di allevatori che gestiva combattimenti tra cani, con dietro un giro di scommesse che potrebbe ancora riservare sorprese.
Dieci in tutto le persone denunciate (il reato non prevede l’arresto), cinque quelle della provincia di Imperia che gestivano l’allevamento clandestino di Vallecrosia dotato di attrezzature per l’allenamento specifico dei cani come i tapis roulant con catena.
L’inchiesta si è conclusa con un blitz che ha portato gli agenti del commissario Giuseppe Lodeserto fino a Pavia, sulle tracce di un imprenditore genovese di 54 anni che, da Ceranesi, addestrava cani per farli combattere. A Pavia, dove l’imprendiore aveva appuntamento, in un terreno di campagna con annesso cascinale e una sorta di taverna trasformata in palestra, i poliziotti hanno interrotto un combattimento in atto. I possessori dei cani e probabilmente alcuni scommettitori si sono dati alla fuga ma sono stati bloccati. Cinque le persone finite in questura per gli accertamenti, tra cui l’imprenditore ligure e una donna.
La perquisizione che ne è seguita ha permesso di scoprire un altro allevamento clandestino, oltre a quello di Vallecrosia, con una quarantina di cani, tra cui alcuni American Staffordshire Terrier custoditi all’interno di gabbie e privi di microchip. Sono state rinvenute siringhe e medicinali di provenienza dai Paesi dell’ex impero sovietico. La cerchia di sospettati comunicava attraverso social network, potendo contare su una rete estesa e in cui vigeva il vincolo della segretezza e della fiducia reciproca. Uno dei combattimenti si sarebbe svolto anche in provincia di Imperia.
Pare che per partecipare e assistere (e scommettere) alle competizioni venissero anche dall’estero. Alcuni cani presentavano cicatrici, ferite riportate durante la lotta con gli altri cani. Spesso il combattimento finisce con la morte di uno dei due animali. In altre parti del mondo, come nell’area afghana o in Estremo Oriente, ma anche in Sudamerica, i combattimenti tra cani sono tra le attrazioni principali nei villaggi di campagna. In Italia il fenomeno riguarda più che altro il Mezzogiorno. È la camorra, in Campania, a gestire gare e puntate in denaro. Il giro d’affari è considerevole ed è una delle entrate principali della malavita organizzata.
La Stampa – 16 aprile 2016