Con il report pubblicato ieri, che ha pesato sui mercati, il panel arbitrale della Wto ha stabilito in 7,497 miliardi di dollari i danni subiti da Boeing a causa degli aiuti pubblici ottenuti da Airbus per i suoi A350 (concorrente del Boeing 787) e A380 (concorrente del 747). Questi sussidi, erogati sotto forma di prestiti agevolati dai Paesi fondatori del consorzio (Francia, Germania, Regno Unito e Spagna), erano già stati dichiarati illegittimi dalla Wto in precedenti verdetti che avevano intimato alla Ue di cancellarli e poi l’avevano trovata inadempiente.
Gli Usa chiedevano contromisure superiori a 10 miliardi di dollari e hanno una lista di prodotti-bersaglio che ne vale 25: ci sono anche merci di Paesi che non fanno parte di Airbus. Prima di imporre i dazi, gli Usa dovranno attendere che il report sia adottato dal Dispute Settlement Body della Wto: ci vorranno da 10 giorni a 30 giorni, ma si tratta di un passaggio formale.
Nel giro di qualche mese, un verdetto analogo e contrapposto potrebbe però arrivare a danno dei vincitori di oggi e a favore degli sconfitti. È il secondo capitolo dello scontro che si trascina davanti al “tribunale” della Wto, quello attivato da Airbus contro gli Usa, che a loro volta hanno sussidiato Boeing.
Ci si attende un “risarcimento” di alcuni miliardi di dollari, ma inferiore a quello deciso ieri. La Ue ha pronta una lista di beni Usa da 20 miliardi di dollari da tassare e lamenta di aver subito danni per 12 miliardi. La stima della Wto si ferma a 5,3.
La faida dei cieli rischia di alimentare le tensioni commerciali tra le due sponde dell’Atlantico: gli Usa, che hanno già imposto dazi su acciaio e alluminio Ue, minacciano ancora balzelli sulle auto europee e Bruxelles promette ritorsioni. Ieri, il commissario al Commercio uscente, Cecilia Malmström, ha rinnovato l’appello a trovare una soluzione negoziale, ancora possibile. Ma ha avvisato che se Washington deciderà di imporre «le contromisure autorizzate dalla Wto, la Ue sarà spinta a fare la stessa cosa». Il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, ha assicurato che gli europei sono pronti a «rispondere fermamente». Airbus a sua volta ha lanciato un appello a evitare i dazi con un’intesa tra le parti.
Quello di ieri è il più alto “risarcimento” mai deciso dalla Wto.
A rischio 2 miliardi di export agroalimentare italiano. Boccia: «Pericoli per Italia e Europa, i mercati globali rallenteranno di più»
Della stessa opinione il presidente di Alleanza Cooperative, Giorgio Mercuri: «Riteniamo inaccettabile che settori del tutto estranei a quelli oggetto della controversia possano essere pesantemente colpiti». E anche pr il presidente di Cia-Agricoltori Italian, Dino Scanavino, «bisogna lavorare con gli Usa per evitare una guerra commerciale pericolosissima».
L’Italia dell’agroalimentare rischia di pagare un conto salato per il via libera della Wto all’aumento dei dazi sulle importazioni americane dall’Europa. Nella migliore delle ipotesi, cioè in caso di tariffe fissate al 30% del valore, il mancato export per l’Italia sarebbe di 650 milioni. Ma in caso di tariffe al 100% le perdite sul campo sarebbero di 2 miliardi di euro. Di fatto, un dimezzamento dell’export agroalimentare italiano verso gli Stati Uniti, che quest’anno avrebbe dovuto raggiungere i 4,5 miliardi di euro.
Le stime drammatiche arrivano dal Centro studi di Federalimentare. Sempre secondo gli esperti dell’associazione degli imprenditori, i settori più colpiti sarebbero quello vinicolo, il lattiero caseario e quello della pasta. «L’Italia rischia, l’Europa rischia: i mercati globali rallenteranno ancora di più», è il commento del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia. «I dazi – ha aggiunto – non sono mai una bella notizia. Si apre una riflessione su una maggiore integrazione politica europea, perché di fronte a questa questione il mercato più ricco del mondo, che è l’Europa, deve chiaramente reagire per riequilibrare questa posizione in termini di potere contrattuale con le altre aree».
«Questi sul mancato export sono numeri importanti, che preoccupano le nostre imprese – ha detto il presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio – se gli Usa rappresentano il nostro primo mercato extraeuropeo e il secondo dopo la Germania a livello mondiale, non è certo per i costi bassi dei nostri prodotti ma è perché comprare made in Italy significa consumare prodotti d’eccellenza. Un costo più alto graverà certamente sul nostro export». Al governo italiano e alle istituzioni europee Vacondio sollecita espressamente urgenti contromosse: «Se gli Usa decideranno di fare la guerra daziaria sulle nostre eccellenze, occorrerà agire di conseguenza e per questo chiediamo alla politica, italiana ed europea, di rispondere a questi dazi con altrettanti dazi su prodotti statunitensi, a cominciare da quelli di largo consumo commercializzati da potenti multinazionali ai fast food».
Stime diverse, ma non meno preoccupanti, arrivano dalla Coldiretti, secondo la quale il conto per l’Italia potrebbe ammontare a oltre un miliardo. Gli Stati Uniti dovranno pubblicare la nuova lista dei prodotti europei da colpire già ad ottobre nel registro Federale: se saranno mantenute le stesse priorità l’Italia – precisa la Coldiretti – potrebbe essere dopo la Francia il paese più colpito. In particolare nel mirino finiranno i formaggi, ma in pericolo c’è anche il Prosecco, il vino italiano più esportato all’estero, che ha visto gli Stati Uniti diventare nel primo semestre del 2019 il principale mercato davanti alla Gran Bretagna, grazie a un aumento in valore del 41%.
Anche Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, chiede un intervento deciso del governo: «Al presidente del Consiglio Conte chiediamo di discutere la questione dei dazi Usa nel corso della riunione dei capi di Stato e di governo della Ue in programma a metà ottobre. All’amministrazione statunitense va ulteriormente sottolineato che non può essere l’Italia tra gli Stati membri quella più penalizzata per gli aiuti pubblici al consorzio Airbus, di cui peraltro non facciamo parte».