Concime da fanghi dei depuratori, è allarme salute. Brambilla (Iss): «Lotta alla contaminazione alimentare»
«Se si vogliono combattere gli inquinamenti degli alimenti e dell’ambiente è necessario vietare l’utilizzo come concime dei fanghi in cui si concentrano i residui della depurazione delle acque». A proporre questa inedita forma di lotta alle contaminazioni è stato, nel corso del convegno “La qualità ambientale, accesso obbligato verso una risorsa alimentare di qualità” organizzato dal Dipartimento di prevenzione dall’Ulss 22 e dalla Simevep, con il patrocinio di Expo 2015, è Gianfranco Brambilla, uno dei ricercatori dell’Istituto superiore della Sanità che stanno lavorando al caso-Pfas. L’inquinamento di falde e acque superficiali causato dalle sostanze di origine chimica perfluoro-alchiliche che è stato riscontrato nell’area posta a cavallo fra il Veronese, il Vicentino e il Padovano.
«I residui derivanti dalla lavorazione dei depuratori», ha spiegato Brambilla, «contengono sostanze contaminanti ma vengono utilizzati come fertilizzante, con la conseguenza che gli inquinanti finiscono per entrare nella catena alimentare. Il rischio di esposizione per quanto riguarda le sostanze più pericolose per la salute umana che rientrano fra quelle genericamente definite come Pfas è dato per l’1 per cento dall’acqua distribuita dalle reti pubbliche e per il 99 per cento dagli alimenti solidi». Proprio il rapporto fra le condizioni di vita e l’ambiente è stato il tema portante dell’intera giornata di studio all’hotel Montresor Tower, aperta a medici, veterinari e tecnici della prevenzione. Un incontro aperto da Gianumberto Caravello dell’università di Padova, e che ha poi visto Paolo Giandon, responsabile del servizio bonifiche del suolo dell’Arpav, l’agenzia ambientale regionale, fare il quadro dell’inquinamento diffuso in Veneto.
Un quadro tutto sommato positivo, visto che non ci sono livelli di contaminazione significativi. Mediamente, dato che comunque i problemi puntuali non mancano. Oltre a quello legato ai Pfas anche gli inquinamenti delle falde da metalli presenti nelle rocce, come arsenico e nichel, da nitrati, derivanti principalmente dall’attività agricola, e da pesticidi, casi che peraltro sono in diminuzione.
È risultato evidente il rapporto diretto fra gli inquinamenti, qualunque sia la loro origine, e i pericoli per la salute umana, che a volte addirittura epidemici. È per questo che, al termine delle relazioni teoriche, i presenti al convegno si sono dedicati a casi pratici di gestione di situazioni di rischio infettivo.
LU.FI. – L’Arena – 25 settembre 2014