È la possibilità di ciascun genitore di astenersi dal lavoro per un periodo – di norma – di sei mesi (continuativo o frazionato) nei primi 8 anni di vita del bambino. Il congedo parentale può essere fruito nei casi di adozione e affidamento, alle stesse condizioni previste per i genitori naturali, entro 8 anni dall’ingresso del minore in famiglia. Durante il congedo, spetta un’indennità del 30% della retribuzione percepita dal genitore (fino al compimento dei 3 anni del bambino)
I meccanismi operativi che riguardano la fruizione del congedo parentale su base oraria, i criteri di calcolo della stessa base e l’equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa, possono essere regolamentati non solo dalla contrattazione nazionale di settore, ma anche dai contratti di secondo livello. Non ci sono, infatti, riserve di competenza sulla gestione della materia.
È questa l’apertura con la quale il ministero del Lavoro, attraverso l’interpello 25/2013, è intervenuto sulle modifiche introdotte all’articolo 32 del Dlgs 151/2001 (Testo unico sulla maternità e paternità), a opera della legge di stabilità 2013 (legge 228/2012).
Anche se il Ccnl non ha disciplinato l’istituto, dunque, le intese di livello inferiore, senza dover attendere una delega ad hoc da parte degli accordi nazionali, potranno regolare il congedo parentale su base oraria e renderlo disponibile da subito, anche con riferimento a specifiche realtà imprenditoriali.
Le regole generali
La possibilità di fruire del congedo parentale frazionandolo a ore, è frutto del recepimento – da parte della legge 228/2012 – delle disposizioni del Dl 216/2012, di attuazione della direttiva 2010/18/Ue. L’intervento ha operato due modifiche, che costituiscono i principi ai quali si dovranno attenere anche le eventuali contrattazioni decentrate.
In primo luogo, è stata ampliata la possibilità di fruizione dei congedi parentali, anche a ore, secondo le disposizioni adottate dai contratti collettivi. Si tratta dei congedi che spettano a ciascun genitore lavoratore, nei primi otto anni di vita del figlio, fino a un periodo massimo di sei mesi di astensione (continuativo o frazionato).
L’astensione complessiva di entrambi i genitori non può comunque superare i dieci mesi, salvo il caso in cui il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi: in questa ipotesi il limite complessivo dei congedi parentali dei genitori è elevato a 11 mesi.
In secondo luogo, è stato precisato che la comunicazione con cui il lavoratore è tenuto a preavvisare il datore di lavoro sull’intenzione di fruire del periodo di congedo parentale (almeno 15 giorni prima) deve contenere anche l’indicazione dell’inizio e della fine del periodo di congedo. Durante il periodo, potranno anche essere concordate adeguate misure di ripresa dell’attività lavorativa, osservando quanto eventualmente disposto dai contratti collettivi.
L’interpello 25/2013
Il ministero del Lavoro, rispondendo all’istanza di Cgil, Cisl e Uil, sulla possibilità che la contrattazione collettiva di secondo livello possa disciplinare le modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, ha risposto affermativamente, argomentando che – a differenza di quanto avviene per altre materie inerenti il rapporto, come l’organizzazione dell’orario di lavoro – dove il legislatore riserva una competenza esclusiva al livello nazionale, in questa ipotesi il perimetro di intervento non è stato precluso ai livelli decentrati.
Lo spazio di manovra delle intese di secondo livello è a 360 gradi, poiché non è neppure circoscritto attraverso deleghe, che talvolta il legislatore affida alla contrattazione nazionale, nei confronti dei livelli inferiori. La palla passa quindi alle parti che potranno operare con una logica «fai da te», migliorando le politiche di welfare aziendale, poiché questa novità dovrebbe consentire una maggiore elasticità nella conciliazione famiglia-lavoro, seppure contemperata con le esigenze datoriali.
La modulistica dell’Inps non è ancora aggiornata per consentire al lavoratore di avvalersi del godimento orario del congedo. Con il messaggio 1636 del 28 gennaio 2013, infatti, l’Istituto previdenziale aveva negato la possibilità di riconoscere eventuali richieste di fruizione del congedo su base oraria: questo orientamento dovrà essere ora rivisto, proprio alla luce dell’interpello 25/2013 del Lavoro.
Il Sole 24 Ore – 9 settembre 2013