Non saremo ai livelli del Trentino Alto Adige, dove ieri ha fatto scalpore la notizia che la pasionaria autonomista Eva Klotz ha ritirato in un sol colpo 946.175 euro quale italianissimo conguaglio pensionistico per i suoi 31 anni da consigliere provinciale a Bolzano, alla faccia che «Süd-Tirol ist nicht Italien!».
Ma anche in Veneto continua a tenere banco il dibattito sul trattamento previdenziale per gli inquilini di Palazzo Ferro Fini, dopo il ritiro del contestato emendamento salva-versamenti durante la maratona di bilancio e dopo l’intervista al nostro giornale in cui il governatore Luca Zaia ha puntualizzato la sua posizione: «La Regione non è una mini Inps». Detto e (quasi) fatto: Lega Nord e Lista Zaia si sono messe al lavoro per presentare un progetto di legge che punta all’abolizione anche del sistema contributivo, introdotto un anno fa dopo la soppressione del meccanismo dei vitalizi, tema che in aula potrebbe riscuotere pure i favori dell’opposizione.
Ogni anno la Regione spende circa 11 milioni per il pagamento degli assegni vitalizi e di reversibilità a 230 destinatari: stando all’ultimo rapporto disponibile, risalente al 2014, si tratta di 182 ex consiglieri e di 48 vedove, per importi netti mensili che variano fra 1.198,66 e 4.968,43 euro. «Ecco, già questo è uno scandalo a cui dobbiamo mettere mano – annuncia il capogruppo leghista Nicola Finco – perché non sta né in cielo né in terra che prenda così tanti soldi chi ha smesso di fare l’attività o è stato solo sposato con chi la faceva. Perciò stiamo studiando con gli uffici la possibilità di inserire nel nostro testo cancella-pensioni anche una revisione degli importi ed un divieto di cumulo fra enti».
Con tutta probabilità un intervento di questo tipo scatenerebbe una nuova guerra giudiziaria da parte dei beneficiari, dopo quella tuttora in corso per il prelievo di solidarietà. Ad ogni modo questo riguarda il passato. Ad impensierire ancora di più, se possibile, è un futuro in cui ciascun consigliere continuerà a versare 1.600 euro di contributi al mese, obbligando però l’istituzione a scucirne ulteriori 2.240, in virtù della ripartizione degli oneri previdenziali stabilita all’incirca rispettivamente in un terzo e due terzi. «Va superata l’obbligatorietà contributiva – rilancia il dem Stefano Fracasso – lasciando che il singolo maturi la pensione con la propria professione o si paghi una previdenza integrativa per proprio conto. Del resto se il referendum confermerà la riforma Boschi, si andrà proprio verso questo scenario, per cui il trattamento sarà equiparato a quello dei sindaci delle città capoluogo, che non godono certo di una pensione pagata dai Comuni». Giusto quello che auspica Zaia, che mostra dunque di voler andare oltre la proposta di legge statale numero 1 dell’attuale legislatura, di cui è primo firmatario, che si prefigge di estendere al resto d’Italia l’abolizione dei vitalizi e l’adesione al sistema contributivo già attuate dal Veneto. Curiosità: il testo, presentato il 29 giugno 2015 ed assegnato in sede referente alla Prima Commissione, prevede la rinuncia al trattamento indennitario differito e la conseguente restituzione dei contributi versati per il periodo minimo previsto per la maturazione del diritto previdenziale. Si tratta quindi di una possibilità simile all’emendamento ritirato sabato scorso dopo la sollevazione del Movimento 5 Stelle, anche se non uguale, nel senso che la modifica alla legge di Stabilità avrebbe invece ammesso la resa «gratuita» dei soldi sborsati in caso di conclusione anticipata della legislatura.
Comunque sia la proposta statale di Zaia, così come quelle d’iniziativa popolare («Zero privilegi») e dei pentastellati(«Anti Casta») tuttora giacenti in commissione Affari Istituzionali, saranno analizzate in primavera, verosimilmente in tempo per una discussione congiunta anche col nuovo progetto zaian-leghista che si propone un ulteriore passo in avanti. «Finora abbiamo dovuto dare la priorità a bilancio e banche – spiega il presidente Marino Finozzi – ma ritengo che fra un paio di mesi potremo iniziare un esame anche di questo argomento, molto sentito dalla gente, che da parte nostra richiede molta attenzione ma pure poca demagogia. Sull’onda del populismo è molto facile fare proclami, ma poi bisogna anche tenere conto delle condizioni oggettive. Per esempio se cancelliamo la contribuzione obbligatoria da parte degli attuali consiglieri, chi garantisce il pagamento dei vitalizi ai vecchi consiglieri?». Un problema in più per l’ufficio di presidenza di Ferro Fini, il cui numero uno Roberto Ciambetti si sta intanto tenendo in contatto con i colleghi delle altre Regioni, per verificare l’adeguamento complessivo al decreto Monti del 2012 sul passaggio al sistema contributivo: «Noi in Veneto l’abbiamo fatto, riequilibrando la tenuta del sistema, vorremmo capire se l’applicazione è omogenea in Italia».
Corriere del Veneto – 17 febbraio 2016