Il governatore spegne i malumori: «Avanti a 100 all’ora». Lungo le sponde del Canal Grande, Palazzo Balbi o Palazzo Ferro Fini che sia, tira davvero una brutta aria.
Aria mesta, scoraggiata, da salita sul patibolo, «e in effetti ci stanno uccidendo» sospira un consigliere del Pdl «aspettiamo solo che cali la lama». Aria di sangue, di guerra per la sopravvivenza, fratricida se necessario, come dimostra la riunione del gruppo della Lega di mercoledì pomeriggio, risoltasi in un tutti contro tutti iniziato in consiglio e (non ancora) finito su Facebook. Non la solita battaglia tra i «barbari sognanti» ed i lealisti bossiani, come qualcuno vorrebbe dare da intendere, magari col governatore Luca Zaia nel mezzo, ma un malumore diffuso e trasversale per le mani infilate dal governo nelle tasche della politica, anche se virtuosa, anche se veneta. Parole chiare, per dire, sono partite dal maroniano Nicola Finco ma anche la bossiana Arianna Lazzarini non si è tirata indietro. «Non possiamo continuare ad uscire in ordine sparso, a fare la gara a chi è il più bravo – è il sunto del pensiero collettivo -. Diamoci una linea e quella seguiamo, tutti. Magari rivendicando anche quanto di buono abbiamo già fatto, dal taglio delle indennità a quello dei vitalizi». Un affondo che qualcuno ha letto contro Zaia, autore di richiami continui al consiglio, ma che ben si potrebbe ritagliare pure sul segretario nathional Flavio Tosi, tra i primi ad indicare la dura via dell’austerity.
Sia come sia, e nonostante i tentativi del capogruppo Federico Caner e del suo vice Paolo Tosato di riportare la calma («Ci sono dei malumori ma nulla di davvero preoccupante»), Zaia avvisa tutti e, come a tirare una riga, va giù piatto: «Ho indicato una strada ben precisa ai capigruppo della mia maggioranza, non ora ma mesi e mesi fa. Per quanto mi riguarda continuerò a seguirla, tiro dritto. I consiglieri vogliono seguirmi? Benissimo. Altrimenti andiamo tutti a casa». Un po’ spazientito ed un po’ sconfortato, Zaia pare convinto che sia giunto il momento di dare un giro alla vite per rinsaldare le fila. E da Roma, dove ha partecipato all’ultimo incontro tra i governatori prima dell’approdo in consiglio dei ministri del decreto per i tagli ai costi della politica, rilancia: «Il governo ha il nostro pieno sostegno, tanto che abbiamo già detto che non impugneremo il decreto, ma deve agire velocemente, a 100 all’ora. Le Regioni devono diventare un esempio di virtuosità e chi non si adegua dovrà essere commissariato». Al buon intenditor, magari dalle parti del Ferro Fini, poche parole.
La tensione, già alle stelle, è stata poi acuita dalle indiscrezioni e dai ritardi susseguitisi per tutta la giornata di ieri, fino all’approvazione a tarda sera, da parte del consiglio dei ministri, del fatidico decreto sui costi della politica. L’indennità dei consiglieri e degli assessori regionali, uniforme in tutta Italia e non cumulabile, sarà parametrata a quella della Regione più virtuosa (il Veneto non lo è), individuata entro il 30 ottobre dalla Conferenza Stato-Regioni pena l’intervento sostitutivo del premier Monti. Una procedura analoga verrà seguita per i fondi ai gruppi: la cifra sarà quella riferita alla Regione più virtuosa, ma con in più un ulteriore taglio del 50% (anche qui per il Veneto sarà una bella botta). Assessori e consiglieri dovranno poi rendere pubblici i loro stati patrimoniali e le loro dichiarazioni dei redditi. Le spese dei gruppi dovranno essere tracciabili e rendicontate entro i termini di legge, pena l’obbligo di restituzione dei finanziamenti. Per il numero dei consiglieri sarà data piena applicazione al decreto 138 del 2011, già rispettato dal Veneto con i 50 consiglieri più il presidente, mentre desterà sicure polemiche la decisione sui vitalizi: per chi, come il Veneto, ha già deciso il taglio dalla prossima legislatura, l’intervento non è anticipato. E’ però previsto che si possa godere della pensione solo dopo i 66 anni e comunque, e qui sta il punto principale, solo se si sono trascorsi in aula almeno 10 anni (molti consiglieri veneti sono fuori). Vengono dati enormi poteri di controllo (contabili e di legittimità) alla Corte dei conti, coadiuvata dalla Guardia di finanza, su tutti i principali atti di programmazione, a cominciare dal Piano socio sanitario e dal riparto delle Usl (ai giudici spetterà anche una revisione semestrale), oltre che sui rendiconti dei gruppi ed una stretta viene data anche alla spesa per le auto blu, la convegnistica, le sponsorizzazioni e la partecipazione ad organismi collegiali, come le commissioni (sarà gratuita) o ad altri organi (al più, potrà essere pagata 30 euro a gettone). I bilanci delle società controllate dovranno entrare a far parte del consolidato dell’ente controllante ed in caso di rosso si procederà al blocco di tutti gli impegni di spesa. Infine, è prevista l’incandidabilità per 10 anni, ed una pesante multa pari fino a 20 volte lo stipendio, per gli amministratori colpevoli del dissesto finanziarrio dell’ente che hanno guidato.
Marco Bonet – Corriere del Veneto – 5 ottobre 2012