È già successo in Toscana ed è successo anche in Emilia Romagna. Le due Regioni «rosse» hanno avviato le procedure per ridurre il numero di Usl di almeno due terzi. E il Veneto? La Regione azzurro-verde ha già affrontato la questione ma senza conseguenze. Ventidue erano, ventidue restano. Almeno fino alla fine del prossimo anno. Perché ieri è stata rilanciata la proposta di accorpare le aziende ospedaliere e ridurle a una per provincia (a cui si aggiungono lo Iov e un polo universitario unificato Padova-Verona). E se giace da tempo in consiglio un progetto di snellimento firmato da Forza Italia, l’accorpamento ha fatto capolino anche nelle slides dei democratici che si apprestano a percorrere la dura china della campagna elettorale. «Invece di tagliare i servizi, vediamo di ridurre la burocrazia – spiega Pierangelo Pettenò (Rifondazione) -. Per questo abbiamo deciso di lanciare una raccolta firme per la riduzione delle aziende ospedaliere in Veneto».
«Con il risparmio ottenuto potremo mantenere intatti i servizi e abbassare i ticket. Credo che ai cittadini interessi la qualità degli ospedali non la quantità dei direttori generali».
La proposta di accorpare le Usl è ritornata in auge dopo il voto all’unanimità delle due mozioni sulle risorse disponibili per i servizi sociosanitari dell’Usl 13 (Dolo e Mirano). «La specializzazione dei due ospedali non tiene dal punto di vista tecnico e funzionale – scrivono i consiglieri Tiozzo (Pd), Pigozzo (Pd), Pettenò (Rifondazione), Piccolo (Gm) -. Va invece perseguito il modello a forte integrazione tra i due poli già avviato in questi anni che ha prodotto ottimi risultati: servizi di qualità, equilibrio territoriale, pareggio di bilancio. È indispensabile rimodulare le schede ospedaliere, garantire la chirurgia a Dolo e rafforzare la collaborazione tra Mestre e Mirano per l’attività di cardiochirurgia per tutto il 2015 integrandola con il servizio di chirurgia vascolare e di emodinamica. Il tutto in una logica di area vasta provinciale». Gli ospedali del Veneziano potrebbero essere finanziati con i soldi impegnati (e mai spesi per le note polemiche) per l’ospedale di Padova.
Il Corriere del Veneto – 18 dicembre 2014