La sentenza. Non spetta solo il risarcimento patrimoniale. Per la liquidazione i giudici hanno fatto riferimento alle tabelle utilizzate dal Tribunale di Milano per gli infortuni
Una giustizia amministrativa più vicina alla realtà quotidiana emerge dalla sentenza del Consiglio di Stato 28 febbraio 2013 n.1220 che riconosce a un privato il risarcimento del danno morale. Per arrivarci, tagliando corto su vari disegni di legge, si applicano le tabelle usate dal Tribunale civile di Milano in materia di infortuni. Così lo stravolgimento della vita generato da atti amministrativi illegittimi diventa quantificabile, con la stessa logica del danno da incidente stradale: oltre al danno patrimoniale, che compensa il reddito non percepito (per esempio il commerciante che non riesce ad aprire un esercizio o l’imprenditore scavalcato in un appalto), la pubblica amministrazione indennizza anche il danno morale, per stress e disagio. L’episodio deciso dal Consiglio riguarda un assegnatario di alloggio pubblico, che voleva acquistare l’abitazione riscattandola dal Comune di Poggibonsi. Gli sono stati riconosciuti oltre 16.000 euro di danno morale, in aggiunta a 100.000 euro di danno patrimoniale per non aver potuto acquistare la casa. Dopo annidi attesa di parametri per quantificare i danni causati da attività amministrativa (fin dalla legge 59/1997), la magistratura supplisce al legislatore, utilizzando i criteri della giustizia civile. I danni subiti dal cittadino vengono, cioè, valutati come componente del danno non patrimoniale, partendo dal presupposto che anche gli errori dell’ente pubblico generano una sorta di infermità, quantificabile in “punti”: nel caso specifico, era emersa una sindrome ansioso-depressiva, con crisi di panico e inasprimento dei rapporti con il figlio e la nuora.
Questi danni sono stati valutati da un consulente tecnico, così come in altra occasione (Consiglio di Stato, sentenza n.1271/2011) l’ansia e la perdita di capelli collegati al ritardo di un permesso di costruire erano stati indennizzati riconoscendo all’interessato circa 11.000 euro. La materia dei danni torna quindiì in primo piano come deterrente: ne prende atto il legislatore sottolineando che le «utilità illecitamente percepite» vanno restituite all’Erario in misura doppia (articolo i, comma 62 della legge anticorruzione 190/2012, ma il principio è già contenuto nel diritto romano, nella legge delle XII tavole); la Corte dei conti riesca ad accertare la colpa grave di amministratori con lo stesso metro (legge 231/2001) che la magistratura ordinaria applica sugli enti privati (Cassazione 16849/2012). Sempre per evitare i danni, si invogliano i pubblici dipendenti a collaborare, segnalando gli illeciti dei colleghi (articolo i, comma 51 della legge anticorruzione, la 190/2012). Per voltare pagina, ed evitare danni maggiori, si ricorre infine anche alla collaborazione degli stessi autori o compartecipi delle condotte illecite: su questa strada fin dal 1990 si muove l’Antitrust con propri “programmi di clemenza” (articolo 15 della legge 287/1990), assicurando immunità agli imprenditori “pentiti” che denuncino “cartelli” restrittivi della concorrenza. Per questo motivo, i 16.000 euro che il Comune di Poggibonsi dovrà versare all’assegnatario di alloggio popolare per compensarlo (anche) dei dissidi con la nuora hanno valore ben maggiore del loro mero importo. Infatti, sono il sintomo del venir meno di immunità della pubblica amministrazione che finora erano state ritenute inattaccabili.
MASSIMA 66
Per quanto riguarda la configurabilità e la decorrenza del danno, la sentenza impugnata appare esente da ogni critica, avendo motivatamente motivato il riconoscimento del danno non patrimoniale sulla base delle specifiche valutazioni della Ctu, peraltro modificate dal giudicante proprio in ordine alla decorrenza del danno. Fondata è invece la censura relativa alla quantificazione del danno per giorno, risultando in effetti non motivato l’importo giornaliero di 110,00 rispetto all’importo base di 91,00 risultante dalle tabelle applicate dal Tribunale di Milano Consiglio di Stato, sentenza 1220/2013
Il Sole 24 Ore – 5 marzo 2013