Per la terza volta in venti giorni cambia la composizione del Consiglio Regionale: la Corte d’Appello ha rifatto il calcolo dei resti, portando alla nomina di cinque nuovi consiglieri. Ma si attendono già i ricorsi degli esclusi. Cambia tutto, di nuovo, in Consiglio Regionale. Ci sono cinque nuovi eletti, riabilitati, e in cinque escono da palazzo Ferro Fini prima ancora di averci messo piede. Questo comporta che la prima seduta attesa per lunedì sia stata repentinamente sconvocata e posticipata: se ne riparla il 29 giugno. Ma sulla strada per Venezia ci sono altri ricorsi e la storia rischia di diventare infinita. La notizia del rimpastino è arrivata all’improvviso ieri mattina quando i (quasi) eletti erano negli uffici dei loro gruppi consiliari, nella serenità della proclamazione notificata solo lunedì. E invece, attorno a mezzogiorno, è circolata la voce: tutto da rifare. I giudici della Corte si sono infatti riconvocati d’urgenza ieri mattina e hanno disposto l’annullamento di una trentina di pagine del verbale che avevano sottoscritto il 15 giugno
La Corte d’Appello, riunita in autotutela, ha disposto l’annullamento limitatamente a conteggi e proclamazioni e rimesso in gioco numeri e resti, a venti giorni dalle elezioni che hanno incoronato governatore Luca Zaia e a soli quattro giorni dal documento che già aveva ribaltato, non senza malumori, le simulazioni post urne. A Padova ce l’ha fatta Massimiliano Barison di Forza Italia che aveva minacciato ricorso per la sua esclusione, e rimane fuori il leghista Giuseppe Pan; entra Antonio Guadagnini, indipendentista vicentino, al posto di Marco Dalla Grassa del M5s; a Venezia entra Alberto Semenzato, leghista, mentre il forzista Otello Bergamo deve fare le valigie; nel Bellunese passa il leghista Franco Gidoni a spese di Franco Roccon, di Indipendenza Noi Veneto, mentre a Rovigo è il leghista Stefano Falconi a lasciare il passo alla grillina Patrizia Bertella. Confermati invece i nomi a Treviso e Verona. I cambi avranno un altro riflesso diretto: si dilatano i tempi per le nomine in giunta, scombinando i piani del presidente Zaia.
Tutto è partito con il ricorso di Marino Zorzato (Ncd), consigliere uscente, che nel primo calcolo era stato escluso dalla lista degli eletti: il Ministero ha prontamente rimesso in moto la macchina dei conti, imponendo un’interpretazione diversa da quella veneta. E da lì, come un sassolino che diventa valanga, ne sono arrivati altri e altri ancora, fino alla decisione di ieri della Corte d’Appello: il conteggio non era corretto.
Giuseppe Pan, coi suoi oltre 5 mila voti, non ha dubbi: «Io faccio una rivoluzione, un ricorso è il minimo». Ironia della sorte, proprio ieri si era autosospeso da sindaco di Cittadella, per incompatibilità fra gli incarichi in Comune e in Regione. «È un attentato alla democrazia se un movimento che ha raccolto oltre il 18% dei voti fa un solo consigliere». Anche il grillino Dalla Grassa sta valutando il ricorso: «Ci troveremo e valuteremo il da farsi, avevo appena fatto gli accrediti a Venezia, tutte le procedure ufficiali». Per chi minaccia percorsi legali ci sono anche (ovviamente) i più che soddisfatti nuovi arrivati. Semenzato ci tiene a sottolineare che «non avevo nemmeno fatto ricorso, è stata una sorpresa. Il mio obiettivo era diventare sindaco di Mirano, ma sono felice di far parte del Consiglio regionale in un momento in cui Zaia ha una maggioranza solida e può fare quanto promesso in campagna elettorale». Guadagnini brinda: «Mi sarei aspettato che imbroccassero il criterio giusto al primo colpo, non al terzo. In un Paese civile non si dovrebbero creare aspettative e poi danni perché si lavora in modo approssimativo. Ma questo è il Consiglio che doveva uscire fin da subito».
L’interrogativo di tutti (esclusi, neoeletti e soprattutto elettori) riguarda la legge elettorale: è nuova di pallino, ma fino ad ora ha portato solo confusione. «È una legge sbagliata, di difficile interpretazione, chiediamo scusa ai veneti – interviene Matteo Toscani, tosiano -. C’è il concreto rischio che l’attuale Consiglio abbia vita breve e che si debba tornare a votare. Alla base ci sono importanti vizi di incostituzionalità e questo non lo dico io, ma autorevoli giuristi». Detta così, c’è da sospettare che qualcuno stia già sollevando il problema a piani più alti.
E pensare che i cinque esclusi ieri mattina, assieme a tutti i colleghi, avevano ritirato computer e cellulare assegnati agli eletti, girato il video di presentazione, scattato le foto di rito. Dovranno tornare a Venezia non per partecipare a sedute e commissioni, ma per ridare indietro i benefit che non sono più per loro. Sembrava tutto ormai fatto. Quando si dice oltre al danno la beffa.
Silvia Madiotto – Il Corriere del Veneto – 20 giugno 2015