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Consiglio regionale approva il marchio ‘Qualità Veneto’ che unifica quelli agroalimentari, maggioranza in fibrillazione

11aula-piena--ridottaScontro in Consiglio regionale tra i consiglieri della Lega e le altre forze politiche sulla legge che istituisce il marchio veneto di qualità. Dopo animato dibattito (che ha fatto esaurire i tempi assegnati alle forze di opposizione) la proposta di legge, presentata all’inizio della legislatura dal gruppo della Lega e illustrata in aula da Sandro Sandri (ex Lega ora gruppo misto), è stata approvata con i 26 voti di Lega e Pdl, il voto contrario dell’Udc e 2 astenuti. Il Partito Democratico non ha partecipato al voto in segno di protesta verso una legge che – ha detto Roberto Fasoli, relatore di opposizione – non sarà mai applicata. Il testo di legge prevede l’istituzione di un marchio collettivo di qualità, denominato “Qualità Veneto”, per contrassegnare i prodotti e i servizi che nascono o vengono realizzati in Veneto.

Il tutto con il duplice obiettivo di garantire la qualità ai consumatori e di dare una buona visibilità ai produttori, aiutandoli a difendersi dalla concorrenza sleale. La legge unifica i preesistenti marchi pubblici di qualità (in particolare quelli agroalimentari) creando un marchio unico, gestito dalla Regione in sinergia con il sistema delle Camere di commercio, per contrassegnare quelle aziende disponibili a sottoporsi a un programma aperto di controlli di qualità e capaci di offrire garanzie di responsabilità sociale. L’obiettivo è tutelare la salute dei consumatori, l’ambiente e la comunità e premiare le aziende d’eccellenza, come hanno fatto la Puglia e altre regioni istituendo il marchio regionale di qualità.

La norma prevede la costituzione di un Comitato per la qualità, nominato dalla Giunta, con il compito di individuare i prodotti e i servizi che possono fregiarsi del marchio veneto, di decidere i disciplinari, coordinare le azioni di marketing a favore delle imprese e dei prodotti che avranno ottenuto il marchio di qualità. L’istituzione del marchio dovrà essere a costo zero per le aziende mentre impegna la Regione a destinarvi mezzo milione di euro tratto dal fondo degli interventi per le piccole e medie imprese.

Sulla legge che istituisce il marchio si è innescato uno scontro aperto tra la Lega, ferma sostenitrice di un progetto di legge che aveva presentato già nella precedente legislatura, e il Pd, che ha cercato di intercettare le obiezioni e le perplessità del Pdl chiedendo il rinvio del provvedimento in commissione per i rischi paventati di incostituzionalità e di violazione della normativa comunitaria sulla libera circolazione delle merci e sulla libera concorrenza. Ma al momento di votare il rinvio in commissione, la maggioranza Pdl-Lega si è ricompattata (“Non siamo disponibili a innescare una crisi politica sul marchio veneto”, ha scandito Carlo Alberto Tesserin del Pdl) , dando quindi corso alla votazione dell’articolato e disinnescando lo stop auspicato da Pd e Idv e appoggiato da Udc. La ricomposizione dell’alleanza Pdl-Lega è stata possibile anche dal compromesso sulla norma finanziaria, che ha decimato a 100 mila euro (rispetto al milione inizialmente previsto) le risorse stanziate per l’istituzione del marchio. Più sfumata la posizione assunta da Futuro Popolare, non pregiudizialmente contrario all’istituzione marchio di qualità, e da Giuseppe Bortolussi, favorevole alla promozione delle eccellenze venete, mentre Diego Bottacin (Verso Nord) ha posto come unica condizione che l’istituzione del marchio non generi oneri per le aziende. Favorevole alla legge Pietrangelo Pettenò della Sinistra veneta, fautore di una norma che ha l’obiettivo di tutelare i consumatori e i prodotti veneti dai rischi della contraffazione e della concorrenza sleale.

In precedenza, nel dibattito generale, il provvedimento era stato severamente contestato da tutti i consiglieri del Pd. Roberto Fasoli, relatore di minoranza, ha spiegato che “l’unico esempio in Europa è il marchio di qualità “Alto Adige”, limitato al settore agroalimentare, che consente l’accesso al marchio a tutte le aziende della comunità europea che rispettino il disciplinare. Se questa è la condizione, il marchio ‘Qualità Veneto’ – con riferimento esplicito al territorio – confligge con la normativa comunitaria sulla libera circolazione delle merci e della libera concorrenza. La norma è quindi ad alto rischio di impugnativa da parte del governo di fronte alla Corte Costituzionale, così come è già accaduto per analoghe leggi regionali approvate in Lazio, e in altre Regioni”. Fasoli si è detto inoltre preoccupato per gli effetti del nuovo marchio sul mondo agricolo e sugli operatori turistici che hanno già adottato specifici marchi per i loro prodotti e servizi. Graziano Azzalin (Pd), ha evidenziato la contraddizione tra le risorse investite per i marchi veneti di qualità nel settore agroalimentare (2,5 milioni nell’ultimo esercizio) e l’istituzione di un nuovo marchio di qualità “ad ombrello” gestito dalle Camere di Commercio. “Instituire un marchio veneto per i prodotti agricoli è un controsenso – ha evidenziato Mauro Bortoli (Pd) – perché la dimensione del marchio sarebbe troppo grande rispetto alle zone a denominazione di origine. Non ha senso promuovere il Prosecco veneto, magari prodotto in Polesine – ha esemplificato Bortoli – tantomeno assegnare il marchio di qualità ai servizi di una banca veneta o ad un prodotto di manifattura realizzato con materie prime e competenze reperite all’estero. Pensiamo forse che la Ferrari sarebbe contenta di presentarsi nel mondo con il marchio ‘made in Emilia Romagna?’”. Anche Sergio Reolon (Pd) ha invitato a superare dagli anacronismi del campanilismo regionalistico. Dal canto suo Giampiero Marchese, sempre del Pd, ha chiesto il ritiro del provvedimento denunciando la macchinosa e difficile applicabilità del marchio: “Meglio sarebbe investire queste risorse per rafforzare i controlli in difesa delle tipicità locali, anziché in un marchio di dubbia efficacia, che confligge, oltretutto, con il marchio Veneto-Italia appena istituito con la nuova legge sul turismo”. “Con un marchio regionale generalista di questo tipo – ha detto Claudio Niero – rischiamo di dare copertura a prodotti che veneti non sono o che si accreditano come veneti solo perché legati al territorio solo per una singola fase del processo produttivo. “Il marchio ‘Qualità Veneto’ non ha la forza di essere un marchio globale – ha aggiunto Stefano Fracasso – né ha la forza di fascinare il consumatore con una narrazione riconoscibile”. “E’ necessario riconsiderare una norma – ha invitato Lucio Tiozzo, capogruppo del Pd – che presenta evidenti profili di illegittimità e di farraginosità”.

“Lo spirito della legge mi trova favorevole – ha spiegato invece Pietrangelo Pettenò (Federazione Sinistra Veneta) – perché i consumatori oggi vogliono avere garanzie sulla qualità del prodotto, sulle modalità produttive e sulla localizzazione. Non possiamo essere contrari a questa legge perché viene proposta dalla Lega. Ma sono stati mossi rilievi seri sull’applicabilità del provvedimento, rilievi che potevano essere affrontati e risolti in maniera coerente già in commissione. L’esperienza dimostra che è necessario difendere i prodotti di qualità dalla contraffazione”.

Compatta la difesa del provvedimento dai banchi della Lega Nord. Luca Baggio, presidente della commissione Attività produttive, ha ricordato che l’entrata in vigore della legge è subordinata al parere favorevole della Commissione Europea. Per Nicola Finco (Lega) l’esempio dell’Alto Adige, che con il proprio marchio di qualità ha innescato un importante volano economico e promozionale, fa da apripista e deve incoraggiare la scelta veneta di tutelare i propri prodotti, le proprie aziende e, in ultima analisi, i consumatori. “Non dovremmo preoccuparci, invece, del parere della Comunità europea – ha aggiunto Finco – visto che sta distruggendo la nostra economia e invade i mercati nostrani con i prodotti delle multinazionali di dubbia qualità e incerta certificazione”. Per Cristiano Corazzari “non spetta a noi veneti far abortire un provvedimento in difesa dei prodotti e della qualità veneta”.

A sostegno del marchio veneto è intervenuto anche Stefano Valdegamberi (Fututo Popolare), argomentando che “nell’economia globalizzata il territorio dove nasce un prodotto è un valore differenziale che va difeso, rafforzato e promosso”. Obiezioni sono state mosse, invece, da Gustavo Franchetto, sempre di Futuro popolare, sulla gestione dei controlli di qualità per l’assegnazione del marchio. “Si tratta di un provvedimento difficile da attuare – ha spiegato – e forse superfluo, perché tutto ciò che consumiamo porta già un’etichetta. La Regione dovrebbe occuparsi piuttosto di verificare il rapporto tra qualità e prezzo per categorie e settori merceologici omogenei”.

“L’intenzione è buona, ma la sua declinazione è insufficiente. Questa proposta rappresenta solo il primo mattone della promozione del Veneto”, ha spiegato Giuseppe Bortolussi, candidato presidente per lo schieramento di opposizione. “Il Veneto non sa valorizzare le proprie qualità, le sue tipicità ed eccellenze, avrebbe bisogno invece mettere in luce e promuovere le proprie specificità e i propri primati”.

Critiche sono arrivate anche da Udc e Idv: “La vera sfida per il legislatore veneto – ha affermato Stefano Peraro (Udc) – è migliorare la qualità dell’impresa e la sua competitività nei mercati. Invece la Regione Veneto non finanzia più la legge 9 del 2003 che doveva sostenere l’innovazione e la qualità di impresa. Non abbiano bisogno di ulteriori marchi e di disciplinari pignoli e rigorosi, ma di sostenere le realtà più innovative”. Antonino Pipitone, capogruppo di Itaia dei Valori, ha criticato la burocratizzazione e i costi del processo di certificazione di qualità. “Stiamo facendo una ulteriore legge che non serve a nulla”, ha affermato Pipitone. “L’eventuale istituzione di un marchio di qualità non deve diventare una nuova tassa per le imprese venete”, ha avvertito Diego Bottacin (Verso Nord).

Perplesso sull’istituzione del marchio “Qualità veneto” si è detto anche Piergiorgio Cortelazzo, vicecapogruppo del Pdl, critico sull’applicazione indistinta del marchio a tutti i settori, sulle sanzioni previste (da 5 mila a 20 mila euro) per il suo utilizzo non corretto, sui rischi di impugnabilità della legge regionale e per la sua copertura economica, che sottrae un milione di euro al fondo per le piccole e medie imprese. Pur condividendo il contenuto della proposta di legge Dario Bond, capogruppo del Pdl, aveva chiesto il rinvio in commissione perché l’aula possa approvare un provvedimento di sicura e indiscussa legittimità, ben ponderato nella sua applicabilità e nei suoi costi, e che non generi ulteriori appesantimenti per le aziende.

 “Il nostro obiettivo – ha scandito Federico Caner, capogruppo della Lega, richiamando ai doveri dell’alleanza gli esponenti del Pdl – non è confliggere con il marchio ‘made in Italy, ma promuovere una immagine complessiva di qualità dei prodotti veneti attraverso un marchio di qualità controllata che dà garanzie alle aziende e ai consumatori. Dopo due anni e mezzo di percorso istruttorio in commissione – ha aggiunto – respingo al mittente le richieste di rimandare il provvedimento in commissione. Non accetto trucchi per bloccare per pregiudizio ideologico una iniziativa legislativa che avrà sicure finalità positive”.

10 luglio 2013 

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