Legittima l’interpretazione autentica della Finanziaria 2006 sul regime di retribuzione delle festività civili nazionali coincidenti con la domenica che esclude il comparto pubblico dal riconoscimento di un compenso ad hoc. Così la Corte costituzionale con una sentenza di infondatezza – la n. 150/15 – ha risposto al quesito della Corte di cassazione.
Gli ermellini nel rinviare alla Consulta hanno sottolineato che «la tesi, sostenuta da una parte della dottrina, della disapplicabilità, da parte del giudice comune, di norme contrastanti» con l’articolo 6 Cedu e con la Carta dei diritti fondamentali Ue non è generalmente condivisa e contrasta con le sentenze costituzionali nn. 348 e 349 del 2007. Da qui il giudizio costituzionale sul comma 224 dell’articolo 1 della legge 266/2005 per violazione dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione, in relazione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
La norma di interpretazione autentica
Dalla norma della Finanziaria 2006 è stato previsto che con la stipula dei contratti collettivi per il periodo 1994-1997, non spetta alcun riconoscimento economico – quando la domenica coincide con le festività – ai lavoratori pubblici. La norma non retroagisce all’esecuzione delle decisioni passate in giudicato, travolge i giudizi all’epoca pendenti. Questa l’interpretazione autentica adottata dal Legislatore nel 2005 dell’articolo 5, terzo comma, della legge 360/1949 che prevede la retribuzione delle festività civili e nazionali ricadenti di domenica.
Il ragionamento della Consulta sulla retroattività
La Corte costituzionale ha riaffermato che il divieto di retroattività della legge, pur essendo valore di civiltà giuridica, non ha il rango costituzionale, eccetto in materia penale. Perciò va riconosciuto al Legislatore la possibilità di emanare norme retroattive (innovative o di interpretazione autentica) se giustificata dall’esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale che costituiscono altrettanti motivi imperativi di interesse generale anche ai sensi della giurisprudenza della Cedu. Nella specie, l’articolo 1, comma 224, della legge 266/2005, nell’escludere l’applicabilità ai lavoratori pubblici della norma recante la previsione del diritto a una retribuzione aggiuntiva nel caso in cui le festività ricorrano di domenica, all’indomani della stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994-1997, non ha fatto altro che dare attuazione ad uno dei principi ispiratori dell’intero Dlgs 165/2001. E la contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico è stato riconosciuto principio fondante del Testo unico del pubblico impiego nella parte in cui ha disposto, in via generale, l’inapplicabilità «delle norme generali e speciali del pubblico impiego», a seguito appunto della stipulazione dei contratti collettivi del quadriennio 1994-1997.
Quindi per i giudici costituzionali la norma sotto la loro lente ha risolto diversi contrasti di giurisprudenza chiarendo che l’articolo 5, terzo comma, della legge 260/1949 ha carattere imperativo. Per cui è applicabile a tutti i lavoratori dipendenti dallo Stato, dagli enti pubblici e dai privati rientrando fra le norme generali del pubblico impiego di cui l’articolo 69 del Tu stabilisce l’inapplicabilità a seguito della stipulazione dei contratti collettivi, in linea con il principio dell’«onnicomprensività della retribuzione e del divieto di ulteriori corresponsioni, diverse da quelle contrattualmente stabilite».
Il Sole 24 Ore – 17 luglio 2015