Quando sono stati individuati i focolai di aviaria, le autorità sanitarie hanno definito improbabile il contagio per l’uomo. Ora c’è un primo caso e il sospetto di un altro.
«Il virus H7N7 non rappresenta un pericolo per la comunità, può essere un problema per i lavoratori professionali che operano negli allevamenti coinvolti nell’infezione. Il contagio è raro, ma possibile: il nostro punto di riferimento sull’aviaria resta il caso dell’Olanda del 2003. Parliamo di tassi sui lavoratori esposti tra il 7 e l’8% per la congiuntivite e del 2% per sindromi influenzali. Si tratta di una forma molto blanda e anche considerando solo i 61 lavoratori più a rischio, siamo ancora al di sotto del possibile numero dei contagiati», rileva Alba Carola Finarelli, responsabile Malattie infettive del servizio Sanità pubblica della Regione.
Vi aspettate altri casi?
«Possono aumentare, ci sono ancora sei lavoratori che devono concludere il loro periodo di sorveglianza intensiva, una forma di controllo scattata subito che ha permesso di isolare i due casi».
Come si è trasmesso il virus?
«Dal contatto con gli animali infettati o con le loro deiezioni. Probabilmente sono stati contagiati quando ancora non si sapeva del focolaio. Non si può escludere che nonostante le misure di sicurezza i lavoratori, tenuti a indossare guanti e mascherine, abbiano banalmente scordato di lavarsi le mani e si siano passati le mani sugli occhi».
Quali sono le condizioni del lavoratore colpito e che possibilità c’è di un contagio tra uomo e uomo?
«La trasmissione tra esseri umani è un evento rarissimo, quasi inesistente. Il lavoratore colpito è in casa, sotto sorveglianza insieme ai familiari. Lo saranno per dieci giorni dalla scomparsa dei sintomi. Non è sottoposto a profilassi perché siamo in un periodo in cui non circolano altre influenze. Tutti i lavoratori sono monitorati e, al di là di un maggiore rispetto delle procedure di sicurezza, non pensiamo per il momento ad altre misure».
Corriere di Bologna – 3 settembre 2013