Un controllo serrato su frutta e ortaggi, secondo un sistema di campionamento rigido e pianificato che coinvolge tutta l’area a massima contaminazione dai Pfas, sull’acqua per l’abbeveraggio degli animali. Ma anche un nuovo sistema d’irrigazione per evitare che i danni si possano diffondere nei prodotti agricoli che nasceranno nei prossimi mesi.
La Regione dopo gli studi sugli esiti sull’uomo ha avviato i controlli Pfas su cipolle, asparagi, pomodori, radicchio, lattuga e patate e tutta la frutta. In totale 61 campionamenti per ogni tipo di prodotto sparso per le aziende agricole della regione, sulla base della rilevanza delle produzioni agricole e zootecniche e sulla base della diffusione dei prodotti e dell’estensione del territorio. «I risultati finali non sono ancora pronti — dice Francesca Russo, direttore del Dipartimento regionale di Prevenzione — ma il monitoraggio sugli alimenti, che è stato fatto in modo da diventare rappresentativo a livello di prodotti locali, in area rossa ha identificato una gradazione di rischio non rilevante sulla frutta. Diverse, e più negative, le aspettative per l’ortaggio a terra. Tant’è che abbiamo attivato possibili misure di mitigazione del rischio attraverso nuovi sistemi d’irrigazione».
A preoccupare però sono soprattutto gli esiti sugli animali. La campionatura ha riguardato i suini, il latte, i bovini, le uova e i pesci d’acqua dolce, con circa 83 campionature per tipologia. Negli allevamenti l’acqua utilizzata per abbeverare il bestiame spesso aveva un grado di concentrazione di Pfas molto alto. «Abbiamo emanato una direttiva — spiega Russo — secondo le nuove regole l’acqua per l’abbeveraggio deve avere gli stessi valori dell’acqua potabile. Ogni allevatore dovrà controllare i suoi impianti». Come? Difficile a dirsi per aziende di piccole dimensioni, ma deputate al controllo saranno anche Usl e Arpav, già partite con i campionamenti. «Non aspettiamo le segnalazioni delle problematiche per agire — annuncia Russo — il sistema di mitigazione del rischio è già partito».
Il Corriere del Veneto – 24 febbraio 2017