Il prolungarsi della recessione può compromettere le entrate fiscali. Incognite sull’effettiva attuazione delle misure di risparmio di spesa
ROMA – Un 2012 ancora sostanzialmente in linea con le previsioni, e alcune pesanti incognite per l’anno appena iniziato, per il quale è fissato l’obiettivo del pareggio di bilancio strutturale. A poco più di un mese dal voto delle politiche è questa la fotografia dei conti pubblici italiani, che come è ormai tradizione sono già diventati essi stessi argomento della campagna elettorale. Lo spettro che si aggira è quello di una manovra correttiva che il nuovo governo dovrebbe attuare a primavera per racimolare i miliardi mancanti.
I DATI DEL TESORO
Il premier Monti nei giorni scorsi ha voluto rassicurare, ma forse servirà ancora qualche settimana per verificare davvero come stanno le cose. E certo se l’intervento sarà valutato necessario, allora chiunque si troverà al timone potrebbe avere interesse a farlo subito, pur con la possibile controindicazione di un ulteriore effetto depressivo.
L’ultimo dato certo è quello diffuso a inizio anno dal ministero dell’Economia, relativo al fabbisogno del settore statale: 48,5 miliardi contro la previsione di 45,4 indicata a settembre nell’aggiornamento del Documento di economia e finanza. Uno scostamento che secondo il Tesoro dipende dall’anticipo a dicembre del versamento delle quote dei mutui dovuti da alcune amministrazioni alla Cassa Depositi; insomma da un fatto contabile privo di conseguenze.
Il fabbisogno, per di più limitato al solo settore statale, non è comunque il saldo rilevante ai fini europei, che si chiama invece indebitamento netto: questo valore sempre nel Def è previsto per fine 2012 al 2,6 per cento del Pil (41,2 miliardi). Il risultato sarà diffuso ufficialmente dall’Istat il prossimo primo marzo. Per l’anno in corso invece l’indebitamento dovrebbe scendere all’1,8 per cento del Pil, percentuale che però in termini strutturali, ossia al netto degli effetti (negativi) del ciclo economico e delle misure una tantum corrisponderebbe ad uno zero tondo, ossia all’agognato pareggio di bilancio.
In base alle regole europee, quel risultato sarebbe più che sufficiente al nostro Paese per rivendicare un pieno rispetto degli impegni presi. Il condizionale è obbligato: nei prossimi mesi si potrebbero concretizzare alcuni rischi. Il più insidioso riguarda la crescita economica: se la fase recessiva dovesse prolungarsi o addirittura diventare più acuta, allora le pur prudenti stime sulle entrate si rivelerebbero non più realistiche. I segnali giunti finora non sono del tutto scoraggianti: il buon gettito dell’Imu (circa 23,5 miliardi) ha in parte compensato le voci più sensibili alla crisi produttiva. E sotto la lente del fisco la stessa dinamica dei consumi al dettaglio è apparsa meno fiacca di quanto si potesse temere. Ma è chiaro che ulteriori mesi di recessione piena avrebbero un effetto devastante.
IL FRONTE DELLA SPESA
Dal lato della spesa, il timore è che la campagna elettorale e la riduzione dell’azione di governo all’ordinaria amministrazione possano ritardare l’applicazione di alcuni provvedimenti, pregiudicando i risparmi attesi. E qualche margine di incertezza deriva anche dai comportamenti degli enti locali.
Al momento invece appare molto più attutita quella che fino all’estate era la minaccia principale: l’instabilità sul mercato dei titoli pubblici, con conseguenti pesanti rischi per gli interessi sul debito. Anzi, se l’andamento di quotazioni ed aste sarà quello che si è manifestato da alcune settimane, proprio dalla spesa per interessi potrebbe giungere un gradito dividendo per il governo appena entrato in carica: i tassi di interesse sono tornati al livello del 2010 e il Tesoro ha potuto offrire con buon successo sui mercati una scadenza più lunga, il Btp a 15 anni.
Luca Cifoni – Il Messaggero – 18 gennaio 2013