di Giusy Franzese. Tra i ritocchi in arrivo alle nuove norme sui contratti a termine contenute nel decreto lavoro, c’è anche un rafforzamento del diritto di prelazione nel caso di nuove assunzioni a tempo indeterminato. L’ipotesi è spuntata ieri durante le audizioni in commissione Lavoro alla Camera. Servirebbe ad equilibrare l’eccessiva flessibilità lamentata dalla minoranza Pd e dalla Cgil.
Per il resto in questo momento la partita sarebbe ferma sul due a due: ovvero due richieste di aggiustamento accolte dal governo e due rigettate. «Troveremo un ragionevole punto di intesa» dice il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Tra le modifiche certe c’è quella sul numero di proroghe per i contratti a termine. «Non è un dogma» apre Poletti, confermando le indiscrezioni seguite all’incontro dell’altra sera con i deputati del Pd. Le otto proroghe nell’arco di tre anni, potrebbero scendere a sei.
C’è disponibilità anche per l’obbligo per gli apprendisti a partecipare a corsi di formazione erogati dal pubblico o quantomeno ”certificati“ da un autorevole soggetto terzo. «Altrimenti l’Ue potrebbe considerare le agevolazioni previste per gli apprendisti come aiuti di Stato» ha spiegato ieri in audizione l’ex ministro Tiziano Treu. Nessuna apertura, invece, per le altre due richieste avanzate dalla minoranza Pd. No quindi a fissare il tetto a 24 mesi e non a 36 per l’acausalità nei contratti a termine: «È un punto non discutibile» taglia corto Poletti. Stesso discorso per il ripristino della quota di stabilizzazioni per gli apprendisti. Dopo 18 mesi, comunque, il governo procederà a una verifica degli effetti del decreto.
DIRITTO DI PRECEDENZA
È la novità dell’ultima ora. In realtà una norma in tal senso esiste già. Nella versione modificata dalla legge 247/2007, varata quando era ministro del Lavoro Cesare Damiano, è previsto «un diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato» a favore dei lavoratori che hanno avuto «uno o più» contratti a termine nella stessa azienda «per un periodo superiore a sei mesi». Due le condizioni: le assunzioni devono avvenire nei 12 mesi successivi e per le stesse mansioni. La norma non si applica per i lavori stagionali e nel caso in cui i contratti nazionali di categoria prevedano «diverse disposizioni». Nei fatti, però, le aziende hanno trovato il modo di eludere la disposizione. «Ora – spiega Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera – cercheremo di renderla effettiva ed esigibile». Intanto il termine per presentare gli emendamenti slitta a martedì 11 aprile.
Jobs Act. Poletti: il termine di 36 mesi non si tocca. Il ministro apre sul numero delle proroghe: non è un dogma
Riduzione del numero delle proroghe per i contratti a termine senza il cosiddetto “causalone” e una riformulazione della norma che ha reso facoltativa la formazione pubblica per l’apprendistato professionalizzante per evitare di incorrere in una procedura di infrazione della Ue: sono le uniche aperture al Dl lavoro che arrivano dal ministro Giuliano Poletti, all’indomani della riunione con i deputati del Pd che stanno esaminando il decreto.
Alla domanda se è possibile che le 8 proroghe vengano ridotte (si ipotizzano 5 o 6), il ministro ha risposto che «è un tema di discussione, se partiamo da motivazioni fondate, non c’è un dogma, c’è una valutazione da fare». Chiusura totale dal ministro, invece, sull’ipotesi di portare dagli attuali 36 a 24 mesi il tetto dei contratti a termine che non necessitano dell’indicazione della causale, come chiesto dalla minoranza Pd: «Questo è uno temi essenziali – ha ribadito –, la logica è che attraverso le proroghe la stessa persona possa rimanere nello stesso posto di lavoro per tutta la durata del periodo. Sarebbe un controsenso se decidessimo di reintrodurre la causale dopo 24 mesi. Questo punto per me non è discutibile».
Sull’apprendistato Poletti ha confermato che «sicuramente c’è un tema che riguarda la formazione, gli uffici stanno lavorando, perché ci sia una piena corrispondenza alla normativa europea e non esistano elementi di possibile contenzioso». L’obiettivo è quello di avere una formulazione che «mantenga il livello di semplicità e sia pienamente coerente con la normativa comunitaria». Quanto all’eventualità che si reintroduca una percentuale obbligatoria di stabilizzazione degli apprendisti, il ministro è «personalmente poco convinto che siano gli obblighi a produrre gli esiti». Una delle ipotesi è che possa essere reintrodotta solo per le grandi aziende, escludendo le piccole. Spetterà al relatore Carlo Dell’Aringa (Pd) trovare una formulazione che incassi il sì della maggioranza dei 46 deputati della commissione Lavoro, dove la conferma del testo è sostenuta dai renziani del Pd, Nuovo centrodestra e Forza Italia, mentre diversi emendamenti sono annunciati dalla minoranza Pd (che in commissione è largamente prevalente tra i 21 deputati Pd), Sel e Movimento 5 Stelle. «I 36 mesi di contratto a termine senza causale così come le 8 proroghe vanno ridotti perché sono eccessivi – afferma il presidente della commissione Lavoro, Cesare Damiano (Pd) –. Per le aziende di una certa dimensione chiediamo la stabilizzazione del 20-30% degli apprendisti. Bisogna evitare sanzioni europee a causa della cancellazione dell’obbligo della formazione pubblica e della certificazione di quella aziendale». Critico Sergio Pizzolante, vicecapogruppo Ncd: «Se dovesse passare la linea Damiano-Cgil sarebbe un disastro per il decreto lavoro, per la ripresa dell’occupazione già in atto e per la credibilità di Renzi. Non si può accettare lo stravolgimento del contratto di apprendistato».
Il Messaggero e il Sole 24 Ore – 4 aprile 2014