I 300 milioni della legge di stabilità suonano come una «provocazione» per i sindacati che hanno quantificato in circa 12 euro l’aumento a regime previsto dal governo: «Il governo apra il tavolo – sostengono in un comunicato unitario Rossana Dettori (Fp-Cgil), Giovanni Faverin (Cisl-Fp), Giovanni Torluccio e Nicola Turco (Uil-Fpl e Uil-Pa) -, chiediamo un rinnovo dignitoso che, dopo 6 anni di paralisi totale, per noi significa 150 euro di aumento medio con produttività e riconoscimento professionale, altro che l’equivalente di una mancia come vorrebbe il governo.
Chiediamo il rispetto del richiamo della Corte Costituzionale che con questa legge di stabilità si vorrebbe di fatto ignorare». Cgil, Cisl e Uil aggiungono: «se per far arrivare il messaggio servirà andare allo sciopero generale, noi siamo pronti». La strada sembra tutta in salita, considerando che il costo del rinnovo del contratto del pubblico impiego ammonta a 7 miliardi. Ieri i primi segnali del malcontento sono arrivati dal Mef dove le Rsu hanno dichiarato l’«assemblea permanente» fino a venerdì per protestare contro il blocco del salario accessorio, chiedono un incontro al ministro Pier Carlo Padoan, chiamando alla mobilitazione i dipendenti degli altri dicasteri. «Il governo punta ad un rinnovo autofinanziato dai tagli alla contrattazione decentrata – sostiene Michele Gentile (Cgil) -, visto che ai 70 milioni di tagli della legge di assestamento si aggiunge un’ulteriore sforbiciata di 70 milioni della legge di stabilità. Inoltre sarà un Dpcm a stabilire come distribuire le risorse, senza alcun ruolo per la contrattazione. Il tutto nonostante la Corte costituzionale abbia considerato illegittimo il blocco dei contratti».
G.Pog. – Il Sole 24 Ore – 28 ottobre 2015