Codice del lavoro in otto mesi, nuovi posti da creare in sette settori, assegno universale per chi viene licenziato. Per le aziende energia meno cara e taglio del 10% dell’Irap. E poi via ai dirigenti a tempo indeterminato nel settore pubblico. Il segretario del Pd ha lanciato con una e-news il Jobs Act, uno «strumento per aiutare il Paese a ripartire». Un piano industriale per ciascuno di sette settori chiave per il rilancio della nostra economia, dalla manifattura all’Ict, all’edilizia, al made in Italy, con l’obiettivo di creare nuovi di posti di lavoro. Poi le regole, dove si dovrà partire dalla «semplificazione normativa» per un codice più snello e ben comprensibile all’estero. Sì anche a un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti (per arginare gli oltre 40 rapporti di lavoro oggi esistenti, «che hanno prodotto uno spezzatino insostenibile»).
Assegno universale per chi perde il lavoro, «anche per chi oggi non ne avrebbe diritto». «Agenzia unica federale» che coordini e indirizzi i centri per l’impiego, la formazione e l’erogazione degli ammortizzatori sociali.
Matteo Renzi, nell’eNews diffusa in tarda serata di ieri rende nota la bozza di «Jobs act»; un documento aperto che sarà inviato a parlamentari, circoli, addetti ai lavori «per chiedere osservazioni, critiche e integrazioni»; e poi sarà discusso nella direzione del Pd in calendario il 16 gennaio. La bozza di piano è divisa in tre parti e non è strutturata in un articolato normativo.
Nella prima parte si parla di temi di «sistema». Sul fronte dell’energia si indica come primo segnale da dare la riduzione del 10% dei costi per le aziende, soprattutto pmi. Si parla poi di diminuzione delle tasse sul lavoro (con un aumento delle rendite finanziarie) per consentire «una riduzione del 10% dell’Irap per le aziende». E anche le risorse derivanti dalla riduzione della spesa dovranno andare ad abbassare il fisco che grava sul reddito da lavoro.
Si propone anche l’eliminazione della figura del dirigente a tempo indeterminato nel settore pubblico (per dire «stop allo strapotere delle burocrazie ministeriali»); e un forte intervento di semplificazione amministrativa sulla procedura di spesa pubblica «sia per i residui ancora aperti (al ministero dell’Ambiente circa un miliardo di euro sarebbe a disposizione immediatamente) sia per le strutture demaniali «sul modello che vale oggi per gli interventi militari».
Per «jobs act» si intende un piano per il lavoro che contiene proposte per la ripresa dell’economia e dell’occupazione. Il nome fa riferimento agli American Jobs Act che nel 2011 il presidente Usa Barack Obama presentò al Congresso, contenenti una serie di misure per il lavoro. I sette settori individuati nel documento sono: cultura, turismo, agricoltura e cibo; made in Italy (dalla moda al design, passando per l’artigianato e per i markers); Ict; green economy; nuovo welfare; edilizia e manifattura.
L’obiettivo, spiega il documento, è partire da qui per creare posti di lavoro, rendendo semplice il sistema, «incentivando voglia di investire dei nostri imprenditori», attraendo capitali stranieri. Tra il 2008 e il 2012, è scritto nella bozza, «l’Italia ha attratto 12 miliardi di euro l’anno di investimenti stranieri. Metà della Germania, 25 miliardi, un terzo della Francia e della Spagna, 37 miliardi». Per la Banca mondiale siamo al 73esimo posto al mondo per facilità di fare impresa (dopo la Romania, prima delle Seychelles). Il Sole 24 Ore
Tagli a norme e burocrazia e assegni a tutti i licenziati. Il piano lavoro del segretario. Per i dirigenti pubblici solo incarichi a tempo
Gli obiettivi sono tre per il partito che eredita la tradizione riformista della sinistra italiana: «Incidere sul sistema, creare nuovi posti di lavoro, modificare le regole»: «Si tratta ancora di un sommario — ammette Renzi — con le prime azioni concrete formulate con i ragazzi della segreteria… Nella prossima settimana lo arricchiremo con le osservazioni ricevute e lo discuteremo nella direzione del Pd del 16 gennaio… Nessuno si senta escluso: è un documento aperto, politico, che diventerà entro un mese un vero documento tecnico».
Dunque, chi si aspettava un testo più approfondito dovrà pazientare e accontentarsi, per ora, del sommario. Che abbraccia proposte annunciate e alcune novità. Farà discutere il punto 6: «Eliminazione della figura del dirigente a tempo indeterminato nel settore pubblico. Un dipendente pubblico è a tempo indeterminato se vince un concorso. Un dirigente no. Stop allo strapotere della burocrazia ministeriale». E sempre sullo stesso filone Renzi punta sul disboscamento della burocrazia: semplificazione amministrativa per la spesa pubblica, più poteri ai Comuni (parere obbligatorio entro 60 giorni di tutti i soggetti interessati) per l’utilizzo di beni demaniali. Segue l’obbligo di trasparenza imposto a partiti, sindacati e amministrazioni pubbliche.
Inoltre, creerà scompiglio e consensi la proposta di ridurre all’osso le 105 Camere di commercio, abolendo l’obbligo di iscrizione per le imprese. Già annunciata, invece, la tassazione delle rendite finanziarie per calmierare l’Irap (meno 10%) delle aziende. Rimane lo sconto energetico del 10% per tutte le imprese e vengono confermati i sei canali per rilanciare l’occupazione.
Tutto questo Renzi lo aveva detto in pillole nei giorni scorsi. Le pillole ora sono diventate un sommario lungo 5 cartelle che introduce anche «l’assegno universale» per chi perde il lavoro ed è disposto a seguire un corso di formazione e a non rifiutare una nuova proposta di impiego. Tra le regole da cambiare c’è infine anche la legge sulla rappresentanza sindacale mentre nel documento non c’è traccia dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Divulgato a tarda sera, il sommario del «Jobs act» è stato oggetto di commenti a «scatola chiusa». Gianni Cuperlo, presidente del Pd, aveva messo le mani avanti: «Sono pronto a discutere di contratto unico a tutele progressive» purché, contestualmente, vengano salvaguardati i diritti e in particolare «l’articolo 18 anche nella fase dell’inserimento». Dall’opposizione arrivano le critiche di Deborah Bergamini (FI): «L’occupazione non si crea né per legge né per magia». La replica, a tutti, di Renzi: «Non sono le leggi che creano lavoro, ma gli imprenditori. L’Italia può farcela, ma deve uscire da questa situazione di bella addormentata nel bosco. Deve rompere l’incantesimo».
Lavoro, Renzi: “Entro 8 mesi il nuovo codice, ridurre il numero di contratti”
Numero dei contratti. Uno dei punti di partenza è la riduzione delle varie forme contrattuali, oltre 40, “che hanno prodotto – scrive Renzi – uno spezzatino insostenibile”.
Tutele crescenti. Renzi non cita mai l’articolo 18 ma parla di un “processo verso un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti”. Nel job act è prevista anche l’eliminazione della figura di dirigente a tempo indeterminato nel settore pubblico. “Un dipendente pubblico è a tempo indeterminato se vince concorso. Un dirigente no. Stop allo strapotere delle burocrazie ministeriali”.
Assegno universale. Per chi perde il posto di lavoro, il job act prevede “un assegno universale, anche per chi oggi non ne avrebbe diritto, con l’obbligo di seguire un corso di formazione professionale e di non rifiutare più di una nuova proposta di lavoro”.
Rappresentanza sindacale in Cda. Matteo Renzi ha proposto il varo di una legge sulla rappresentanza sindacale sul modello tedesco. E’ necessaria, ha spiegato il segretario del Pd nella Enews, una “legge sulla rappresentatività sindacale e presenza dei rappresentanti eletti direttamente dai lavoratori nei Cda delle grandi aziende”. Un punto sul quale aveva discusso anche con il segretario della Fiom, Maurizio Landini, da sempre promotore della norma.
Agenzia unica. La bozza proposta da Renzi prevede la creazione di un’Agenzia unica federale “che coordini e indirizzi i centri per l’impiego, la formazione e l’erogazione degli ammortizzatori sociali”.
Obbligo di rendicontazione online. Un altro punto chiave è l’obbligo di pubblicare online ogni spesa “per la formazione professionale finanziata da denaro pubblico”. Unico presupposto deve essere “l’effettiva domanda delle imprese”. Renzi propone anche di introdurre “criteri di valutazione meritocratici delle agenzie di formazione” con la minaccia di cancellarle dagli elenchi “per chi non rispetta determinati standard”.
Per le aziende. Si parte dai costi per l’energia: Renzi propone di ridurre del 10% l’onere per le aziende, soprattutto per le piccole imprese, quelle che soffrono di più. Il documento parla anche di un taglio alle tasse per le aziende: “Chi produce lavoro paga di meno, chi si muove in ambito finanziario paga di più, consentendo una riduzione del 10% dell’Irap”.
Camere di commercio. Nel Job Act è anche prevista l’eliminazione dell’obbligo di iscrizione alle Camere di Commercio: “Piccolo risparmio per le aziende, ma segnale contro ogni corporazione”. Le funzioni delle Camere, secondo Renzi, possono essere svolte da un Ente territoriale pubblico.
Burocrazia. Il documento prevede un “intervento di semplificazione amministrativa sulla procedura di spesa pubblica sia per i residui ancora aperti (al Ministero dell’Ambiente 1 miliardo di euro sarebbe subito a disposizione) sia per le strutture demaniali sul modello che vale oggi per gli interventi militari”. Renzi propone di adeguarsi alla normativa in vigore per i sindaci: “Decidono destinazioni, parere in 60 giorni di tutti i soggetti interessati, e poi nessuno può interrompere il processo”.
Trasparenza. Adozione dell’obbligo di trasparenza: amministrazioni pubbliche, partiti, sindacati hanno il dovere di pubblicare online ogni entrata e ogni uscita, in modo chiaro, preciso e circostanziato.
Piano industriale per sette settori. Il segretario del Pd avanza la proposta di scrivere un piano industriale specifico per sette settori (Cultura, turismo, agricoltura e cibo; Made in Italy; Ict; Green Economy; Nuovo welfare; Edilizia), “con indicazione delle singole azioni operative e concrete necessarie a creare posti di lavoro”.
Faccia a faccia Letta-Renzi. Il Job Act proposto da Renzi sarà al centro dell’incontro previsto domani tra il presidente del Consiglio Enrico Letta e il segretario del Pd. Il faccia a faccia era già previsto per fare il punto sulle idee da inserire all’interno del patto di coalizione da siglare insieme agli altri partiti di maggioranza. Uno dei punti chiave sarà proprio la riforma del mercato del lavoro, sulla quale Letta sta raccogliendo anche altre proposte all’interno dell’esecutivo da “amalgamare” insieme al documento di Renzi.
Il sindaco di Firenze ha confermato che la sua bozza di jobs act sarà “aperta” al contributo di tutti:”Gli spunti che trovate in questa Enews saranno inviati domani ai parlamentari, ai circoli, agli addetti ai lavori per chiedere osservazioni, critiche, integrazioni. Dunque non è un documento chiuso, ma aperto al lavoro di chiunque. Anche vostro”, ha assicurato nella sua newsletter settimanale.
Detto questo, ha chiarito, “non sono i provvedimenti di legge che creano lavoro, ma gli imprenditori. La voglia di buttarsi, di investire, di innovare. L’Italia può farcela, ma deve uscire da questa situazione di bella addormentata nel bosco. Deve rompere l’incantesimo. Per farlo c’è bisogno di una visione per i prossimi anni e di piccoli interventi per i prossimi mesi”.
Liberamente tratto da Il Sole 24 Ore, Corriere della Sera, La Repubblica – 9 gennaio 2014