La legge 183/2014, in vigore da ieri, apre le porte a importanti novità in materia di controlli a distanza, rispetto ai quali è stata conferita delega al Governo per la revisione dell’attuale disciplina normativa, ancora regolata dall’ormai obsoleto articolo 4 dello Statuto dei lavoratori. La delega consentirà infatti di intervenire sull’odierna formulazione della norma che, oltre a vietare il controllo diretto della prestazione lavorativa mediante impianti audiovisivi o altre apparecchiature, subordina la legittimità dei controlli preterintenzionali e dei cosiddetti controlli difensivi alla procedura codeterminativa con le Rsa o all’autorizzazione della Dtl ex articolo 4, comma 2, dello Statuto (in tal senso: Cassazione civile, sezione lavoro 4735/10 e 2722/12). A ciò si è aggiunta nel corso degli anni anche un’interpretazione talvolta iper-garantista della norma in favore del lavoratore, qualora venga in rilievo anche il tema del trattamento dei dati personali, ex Dlgs 196/03.
Di conseguenza, la riforma della disciplina dei controlli a distanza su impianti e strumenti di lavoro dovrà farsi carico di attualizzare la normativa rispetto all’evoluzione tecnologica e, insieme, contemperare le esigenze produttive-organizzative del datore con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore.
È quindi da attendersi una riformulazione dell’articolo 4 che preveda significative aperture all’attuazione dei controlli a distanza, tenuto conto, da un lato, dell’intento innovatore che ha guidato l’approvazione del Jobs act e, dall’altro, dal fatto che già oggi la prestazione di lavoro è spesso “tecnologica”, per cui solo il controllo tecnologico può consentire di verificare se via stata prestazione di lavoro oppure no, ovvero se questa sia adeguata o inadeguata.
Principio ispiratore di questa “svolta epocale” potrebbe essere quello di dare al datore di lavoro un pacchetto di tutele normative, a parità di trattamento ex articolo 3 dellaCostituzione, e dunque i medesimi diritti di controllo dell’adempimento della prestazione dovuta, come oggi è già consentito in altre tipologie contrattuali (si pensi, ad esempio, all’appalto), ovviamente con tutti i dovuti temperamenti del caso, legati alla tutela della sfera personale del lavoratore.
La portata innovativa della delega, però, potrebbe rischiare di rimanere priva di “effetto utile” se, accanto a una modifica o rielaborazione dell’articolo 4, non saranno rivisitati anche gli assetti normativi del Codice Privacy sui controlli a distanza (articolo 114, Dlgs 196/03).
Modifica della normativa privacy che, attualmente, ostacola il datore di lavoro nell’utilizzo dei dati personali raccolti anche durante controlli a distanza legittimi e autorizzati, vanificando la possibilità di avvalersi delle prove acquisite nel corso di un eventuale procedimento disciplinare di licenziamento.
Per tale ragione, è indispensabile che il Governo proceda all’adeguamento sia dell’articolo 4 dello Statuto, sia dell’articolo 114 del Dlgs 196/03, introducendo un’ipotesi di legittimo trattamento da parte delle aziende, senza consenso espresso del lavoratore, di tutti quei dati personali che siano idonei a provare violazioni del contratto di lavoro e a dare causa (e inizio) a procedimenti di natura disciplinare, come nel caso di abuso nell’utilizzo di strumenti aziendali.
Una tale forma di trattamento dovrebbe, comunque, valere e incontrare il chiaro limite dell’utilizzo dei dati nella sola sede disciplinare, esclusa qualsiasi altra forma di diffusione del dato.
Il Sole 24 Ore – 17 dicembre 2014