Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che, in base a quanto stabilito dal decreto legislativo 149/2015, avrebbe dovuto essere emanato entro l’8 novembre per dare effettivamente il via al nuovo Ispettorato nazionale del lavoro ancora non è venuto alla luce. Né è stato emanato il decreto del Presidente della Repubblica che avrebbe dovuto adottare lo statuto del nuovo ente.
In assenza dei decreti non è possibile neanche prevedere da quando l’Ispettorato inizierà a operare. Del resto, dal punto di vista dei destinatari della vigilanza, non sembra vi saranno grosse novità perché, in linea di massima, l’attività di controllo si fonderà più che sull’unicità dell’ispezione, su un auspicabile effettivo coordinamento tra i vari operatori che resteranno sempre tanti.
Infatti in base al comma 2 dell’articolo 7 del Dlgs 149/2015 ciascun soggetto conserva le rispettive attuali competenze con distinti e separati accessi. Del resto lo stesso decreto legislativo e con esso la bozza del Dpcm, di cui si attendono l’approvazione e la pubblicazione, prevedono che «ogni altro organo di vigilanza (quindi diversi da Ispettorato, Inps e Inail) che svolge accertamenti in materia di lavoro e legislazione sociale è tenuto a raccordarsi con le sedi centrale e territoriali dell’Ispettorato».
La cosa si complica quando l’articolo 11 del decreto 149 nel disciplinare i ricorsi amministrativi in materia di lavoro e legislazione sociale, nonché in materia contributiva e assicurativa, individua quelli adottati «dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria di cui all’articolo 13, comma 7, del Dlgs 124/2004», il quale a sua volta demanda all’articolo 13 della legge 689/1981, che però non fa distinzione del campo operativo della polizia giudiziaria. Ne deriva che in materia di controlli sul lavoro possono operare tutti gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, rendendo alla fine non realizzabile neanche quel “coordinamento” posto a base della riforma.
Inoltre la bozza di Dpcm, in attesa della stesura finale, ridimensiona la competenza diretta dell’Ispettorato nella difesa in sede di appello. Infatti viene stabilito che nel secondo grado di giudizio l’Ispettorato trasmette tempestivamente all’avvocatura dello Stato la relativa documentazione affinché quest’ultima valuti la sussistenza di questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici ai fini della assunzione della trattazione della causa, comunicandone l’esito entro 15 giorni alla sede dell’Ispettorato. In assenza di tale comunicazione, l’Ispettorato provvederà alla rappresentanza in giudizio mediante propri funzionari.
Infine né il decreto 149/2015, né la bozza di Dpcm fanno alcun cenno sulla destinazione delle funzioni amministrative attualmente svolte dalle direzioni territoriali (destinate a scomparire) come, ad esempio, i provvedimenti a favore di lavoratrici madri esposte a particolari attività pericolose, ovvero le conciliazioni sulle controversie individuali di lavoro, o anche il parere presso le Prefetture sull’ingresso in Italia di lavoratori extracomunitari.
Luigi Caiazza – Il Sole 24 Ore – 11 novembre 2015