Nei Comuni in cui più è elevata la presenza dei «Pfas» maggiore è il tasso di mortalità dovuto a malattie collegabili a tali sostanze. A dirlo è uno studio presentato nei giorni scorsi durante un convegno organizzato da Legambiente e comitato «Acqua libera dai Pfas», con il patrocinio dei Comuni di Cologna e Pressana. Una ricerca effettuata basandosi sulla banca dati dell’Enea, che è una delle fonti dell’Istat, relativa al periodo che va dal 1980 al 2009.
Un arco temporale che copre buona parte dell’esposizione del territorio all’inquinamento provocato da un’azienda chimica del Basso vicentino che produce le sostanze di sintesi che vengono utilizzate per rendere impermeabili carta, stoffa e stoviglie. Inquinamento che, a quanto pare, è iniziato ancora negli anni Settanta e che, stando a quanto denunciato dagli ambientalisti, starebbe tuttora continuando.
Nell’incontro di Cologna, Edoardo Bai, responsabile scientifico di Legambiente e medico dell’Isde, ha presentato i risultati di una ricerca che ritiene essere la conferma degli effetti che stanno producendo sulla popolazione veneta i «Pfas». Dopo avere selezionato, sulla base di studi americani, le malattie associabili all’esposizione dei Pfas – si va da Azheimer e Parkinson al diabete, dalle malattie dell’apparato genito-urinario ai linfomi fino ai tumori di fegato, mammella, ovaio, testicolo e rene – Bai ha messo sotto la lente d’ingrandimento i decessi ad esse collegate che si sono verificati nei Comuni nei quali la presenza dei «Pfas» supera i 500 nanogrammi per litro previsti come obiettivo da raggiungere dall’Istituto superiore di sanità. Si tratta delle morti registrate anche in due municipi posti ai confini della Bassa, il vicentino Lonigo ed il padovano Montagnana, che sono state messe a confronto con quelle di paesi nei quali invece la presenza di «Pfas» nelle acque è bassa o assente. Dalle tabelle presentate dal medico, risulta che per alcune patologie, come il diabete, le malattie dell’apparato uro-genitale, ed i tumori del fegato, della prostata e del rene, il numero dei morti arriva ad essere anche 20 volte superiore.
«Questi dati sono derivanti da un’indagine compiuta a costo zero e che può essere approfondita senza spendere nulla», ha detto Bai. «Già da soli spiegano comunque che ci sono seri rischi di salute per la popolazione e che per questo occorre intervenire immediatamente in modo da ridurre il pericolo». Gli ambientalisti hanno ricordato che su questo tema hanno presentato lo scorso novembre un esposto alla magistratura per disastro ambientale.
LU.FI. – L’Arena – 7 marzo 2015