Cambiare il centrodestra con le primarie: superare la Lega parlando a tutti. Combattere sprechi e burocrazia partendo dai valori cristiani. Denuncia i privilegi delle regioni speciali più che gli sprechi di quelle meridionali.
Flavio Tosi «il rottamatore» lancia la sua corsa alla leadership del centrodestra «post-berlusconiano» davanti a seimila persone che gremiscono il PalaBam. In una Mantova sconvolta dalla crisi delle sue principali imprese – la raffineria e la cartiera – Tosi dedica poco spazio alle questioni del lavoro preferendo il più facile attacco alla cattiva politica, alla casta dei burocrati, alla giustizia inceppata. Poi, dopo un comizio di un’ora, si fa intervistare dai giornalisti Marzio Breda e Rodolfo Sala. Lo slogan è «Ricostruiamo il Paese» e la scenografia dominata dal giallo: sugli schermi corrono le parole debito pubblico, disoccupazione, tasse e burocrazia. Poi arriva un faro bianco in mezzo al mare e spunta un emozionatissimo sindaco di Verona. Parte ringraziando «gli amici della Lega Nord», ricorda di aver passato 23 dei suoi 44 anni dentro il Carroccio ma chiede di smetterla con la politica «di cattiverie» e insiste sul pragmatismo da sindaco. «Facciamo le cose che servono al Paese». E dunque: limite di due mandati parlamentari, abolizione dei senatori a vita, Camera legislativa e Senato delle Regioni, nuova legge elettorale che torni alle preferenze. Poi, la Costituzione: «validissimi» restano i principi fondamentali, vanno riformate le procedure, tolto il quorum sui referendum, ridotte le pensioni d’oro e gli stipendi degli alti burocrati per «aumentare le pensioni minime alla povera gente». Il nodo del debito pubblico, secondo Tosi, va affrontato di petto: ridurre le riserve auree (valgono cento miliardi di euro), dismettere il patrimonio pubblico. E superare le troppe disparità tra le regioni: «Non è una questione di Nord contro Sud: ad esempio, la Puglia è migliore del Veneto nel rapporto dipendenti comunali su abitanti» ed è una puntura di spillo sul sedere di Luca Zaia, assente come i colleghi Roberto Cota e Roberto Maroni. E poi duro con le regioni speciali: «Quel che non possiamo sopportare è che nel Trentino Alto Adige, che si trattiene il 90% delle proprie tasse, il 40% degli abitanti sia dipendente del pubblico impiego». E ancora: «Le risorse trasferite agli enti locali sono 211 euro pro capite nel Veneto e 1.026 in Valle d’Aosta. Ma si può?». La soluzione sono i costi standard: «Costringono la politica a spendere bene i soldi dei cittadini». Durissimo contro la burocrazia: «È asfissiante, deprime gli investimenti e blocca il Paese». E sventola la lettera del Soprintendente di Verona che blocca la «sua» Arena di Verona ai concerti senza «previa autorizzazione» perché i palcoscenici delle grandi star «precludono la leggibilità del monumento». Sulla famiglia la parte più importante: «Ricostruiamo l’Italia a partire dai valori cristiani, fanno parte della nostra storia e della nostra cultura». E dice sì al quoziente familiare. Ma agli applausi che hanno sottolineato la radice cristiana non ne corrispondono altrettanti sulla lotta all’evasione: «Bisogna combattere soprattutto grandi evasori ed evasori totali» ma si ferma qui. La sua corsa, invece, è appena iniziata.
Il Mattino di Padova – 7 ottobre 2013