Coronavirus. Mers, microbiologi italiani lanciano l’allarme sul rischio contagio. In Corea del Sud è epidemia. Confermati 96 casi
Un focolaio del virus attualmente in rapida evoluzione in Corea del Sud dove, al 9 giugno 2015, sono stati ben confermati 96 casi. L’Amcli invita le autorità a tenere sotto controllo il diffondersi di questa variante del Coronavirus
La comunità dei microbiologi clinici italiani lancia un allarme sul rischio connesso al propagarsi del MERS-CoV, un virus appartenente alla grande famiglia dei Coronavirus che causano il raffreddore comune e altre lievi infezioni delle vie respiratorie. La nuova variante, che è apparsa per la prima volta nel 2012 in Arabia Saudita, si è diffusa in vari Paesi del Medio Oriente e causa una severa forma di polmonite. Finora sono stati notificati ben 1.153 casi di infezione da MERS-CoV, di cui almeno 435 mortali.
I casi di MERS-CoV documentati in numerosi altri Paesi sono tutti correlati a viaggi in Medio Oriente o contatto diretto con casi confermati o probabili che, a loro volta, avevano viaggiato in quelle zone. La sequenza genomica indica che MERS-CoV è strettamente legato ad alcuni Coronavirus dei pipistrelli. Il virus è stato anche trovato in camelidi e, in effetti, alcuni pazienti hanno riportato contatti con questi animali. Sembra chiara quindi l’origine zoonotica, come peraltro dimostrato anche per il virus della SARS appartenente anch’esso ai Coronavirus.
L’Amcli (Associazione microbiologi clinici italiani) ha dunque lanciato un monito alle autorità di controllo, affinché venga tenuto attentamente sotto controllo il diffondersi di questa variante. Il 20 maggio 2015 è stato notificato dall’OMS il caso indice (di importazione dal medio Oriente) di un focolaio del virus attualmente in rapida evoluzione in Corea del Sud dove, al 9 giugno 2015, sono stati ben confermati 96 casi (con 8 decessi). Al momento l’OMS non ha riscontrato evidenza di una trasmissione sostenuta del virus nella popolazione generale ma l’allarme è alto: 2.300 persone sono attualmente in quarantena e 1.900 scuole sono state chiuse. Il genoma del virus che si sta diffondendo in Corea del Sud è stato sequenziato molto rapidamente e si è dimostrato uguale a quello che circola nei Paesi del medio Oriente.
EPIDEMIA IN COREA DEL SUD – L’accessorio più diffuso in questi giorni in Corea del Sud è la mascherina bianca. C’è una foto un po’ apocalittica, che ormai ha fatto il giro del mondo, che mostra gli sposi e tutti gli invitati di un matrimonio, mentre l’indossano. A suggerirne l’utilizzo è la Mers, ovvero la Sindrome respiratoria mediorientale da coronavirus, un’infezione molto simile alla famigerata Sars, che qualche anno fa provocò centinaia di morti in Cina e il panico nel resto del mondo. I numeri dell’infezione non sono ancora da allarme globale. Nel paese dell’Asia orientale sono decedute finora nove persone per il contagio, mentre il numero delle persone certamente infettate è di 108, secondo quanto ha riferito l’agenzia di stampa Yonhap. Oggi si è avuta notizia di ulteriori 13 casi di persone messe in isolamento. Dieci di questi sono pazienti che sono stati contagiati per aver visitato altri pazienti in uno dei principali ospedali del paese. Il paziente numero uno sudcoreano è stato individuato il 20 maggio. Si tratta di un uomo di 68 anni, che aveva viaggiato in Arabia Saudita, il paese in cui, nel 2012, è stata per la prima volta individuata la malattia. L’uomo si è sentito male dopo il rientro nel paese e ha visitato diversi ospedali e cliniche, prima che il contagio gli fosse diagnosticato. Quindi, potrebbe essere venuto in contatto con molta gente e gli ospedali, in questo momento, sono visti come i più pericolosi luoghi di contagio.
Il primo ministro ad acta Choi Kyung-hwan ha lanciato un appello alla popolazione ad astenersi di visitare familiari e amici, per quanto possibile, negli ospedali. La Mers fa paura. Non esiste un vaccino e il tasso di mortalità verificato è vicino al 40 per cento. Questo ha spinto le autorità sudcoreane a muoversi chiudendo immediatamente oltre 2mila scuole, mentre diverse persone hanno cominciato a evitare luoghi affollati: trasporti pubblici, teatri, cinema, stadi. La stessa presidente sudcoreana, Park Geun-hye, ha rimandato l’atteso viaggio negli Stati uniti, che avrebbe dovuto aver luogo tra il 14 e il 18 giugno, per restare a Seoul a coordinare l’emergenza. A livello internazionale, ci sono paesi, come il Giappone, che si stanno preparando all’arrivo della Mers individuando gli ospedali presso i quali verranno isolate le persone che presentino febbre alta e abbiano avuto contatti con persone contagiate da Mers. Ogni giorno 14mila persone viaggiano tra Giappone e Corea del Sud.
A spaventare, in particolare, è l’incertezza sulla malattia. Non è chiara l’origine del male, probabilmente animale – come per l’aviaria – e non è stato chiarito neanche il canale di trasmissione. Prima dell’arrivo in Corea del Sud, c’erano stati circa 1.100 casi di contagio, per il 90 per cento nel regno saudita. Un team congiunto formato da funzionari della sanità sudcoreana e dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sta studiando tutti gli elementi che possano individuare precisamente come si propaga il contagio. I primi risultati dell’indagine dovrebbero essere diffusi – secondo la Yonhap – sabato. Il premier Choi ha chiesto comunque alla popolazione e ai media di non diffondere paure ingiustificate, anche per non danneggiare l’economia sudcoreana. E il governo ha stanziato 400 miliardi di won (356 milioni di dollari) per aiutare le imprese danneggiate dall’epidemia.
La presidente sudcoreana Park Geun-hye ha deciso di rimandare la sua visita negli Stati Uniti per restare sul campo mentre il paese affronta l’aggressiva diffusione del coronavirus responsabile della Mers, che ha già provocato nove morti. Park avreebbe dovuto rimanere in America tra il 14 e il 18 giugno.
Quotidiano.net – 11 giugno 2015