Export a tutto gas e mercato italiano in frenata. Nel 2015 scattano le esportazioni dei salumi italiani: secondo le elaborazioni di Assica (l’Associazione dei produttori di carni e salumi) le spedizioni oltreconfine sono balzate del 10,7% a 165mila tonnellate e del 7,1% a 1,35 miliardi di euro.
Nel corso dell’anno anche l’import ha mostrato un trend positivo in quantità, +5,2%, ma in flessione in termini di fatturato, -3,6% a 187 milioni di euro. Grazie a questa dinamica il saldo commerciale del settore ha registrato un ulteriore incremento: +9,1% per oltre 1,1 miliardi. L’export del settore, in termini di fatturato, è stato anche superiore a quello dell’intera industria alimentare (+6,7%) e decisamente più brillante di quello complessivo del Paese che ha chiuso l’anno con un +3,9%.
«Siamo molto soddisfatti per la performance dell’export, propulsore del settore – commenta Nicola Levoni, presidente di Assica -. Ricorderemo il 2015 come un anno di crescita eccezionale nonostante le difficoltà dell’economia globale e, in particolare, per il commercio mondiale. Dal 2008 le esportazioni di salumi non hanno mai perso un colpo, mostrando sempre un trend crescente e questa credo sia la migliore risposta che si possa dare alla crisi, a quella globale ma anche, e soprattutto, a quella che da più di due anni sta duramente colpendo il nostro comparto a livello europeo».
Nei mercati Top 5 si distinguono Germania, Francia, Regno Unito, Spagna e Austria. Oltre i confini della Ue, il primo mercato sono gli Stati Uniti dove i nostri salumi sono balzati del 19% a 105 milioni di euro. Un risultato rilevante (anche grazie all’effetto cambio) se si considera che per buona parte dell’anno sono rimaste in vigore negli Usa misure restrittive nei confronti dei nostri salumi. Il provvedimento 100% reinspection, infatti, è venuto meno definitivamente solo a partire dal 6 luglio 2015 e fino all’autunno del 2015 non erano partite le esportazioni di prodotti a breve stagionatura.
«Assica – aggiunge Levoni – ha accolto con estremo favore le misure annunciate dal commissario Ue Phil Hogan lo scorso 14 marzo per far fronte alla crisi del settore suino nella Ue, apprezzando in modo particolare l’impegno a favore dell’export e della soluzione delle controversie internazionali, in primis l’embargo verso la Russia».
Diverso il trend delle vendite sul mercato domestico: nel 2015 le vendite nella grande distribuzione hanno segnato un progresso dello 0,9% a 3,6 miliardi, ma gli annunci di ottobre dell’Organizzazione mondiale della sanità sul presunto legame tra insaccati, salumi e cancro (secondo l’agenzia Iarc la carne lavorata “è sicuramente cancerogena”) sono stati un colpo di frusta sul consumatore. Negli ultimi tre mesi del 2015 c’è stato il tonfo delle vendite, che poi si è progressivamente ridotto nel primo bimestre del 2016. Tuttavia, secondo i dati Iri, nel periodo febbraio 2015-febbraio 2016 le vendite sono scivolate a valore dello 0,7% a 4,42 miliardi e a volume dell’1,2% a 256 milioni di chilogrammi. In rosso tutti i comparti: prosciutto cotto (-0,1%) e crudo (-0,8%), salame (-4,5%), mortadella (-3,4%), speck (-2,6%), salamini (-4,9%), pancetta (-3,7%) e tutti gli altri (-1%).
Fanno eccezione bresaola (+2,3%) e altri arrosti (+11,3%): quest’ultima categoria comprende i salumi confezionati a peso fisso verso cui negli ultimi anni si è prodotto un travaso che però non ha compensato le perdite del peso variabile (il banco del taglio): rappresenta ancora i tre quarti dei volumi totali.
Emanuele Scarci – Il Sole 24 Ore – 15 aprile 2016