Corruzione in una Asl su 3: costi per 6 miliardi. Cantone: la sanità è terreno di scorribande di delinquenti, così si abbassano i livelli dei servizi
Rapporto Censis-Ispe-Rissc. Per l’Anac una delle maggiori criticità sono le liste d’attesa e perfino la gestione delle camere mortuarie. Gli acquisti di beni e servizi che fanno gola e generano affari illegittimi, le scorciatoie da brivido negli appalti, le assunzioni di personale fuori ordinanza, le liste d’attesa pilotate sulla pelle e le tasche dei malati, la libera professione con trucco dei medici pubblici, l’uso spregiudicato dei farmaci.
E poi quegli sprechi miliardari (almeno 1 mld) per voci di spesa non collegate alle cure, dalle mense alle lavanderie alle pulizie delle corsie. Risultato: in una asl o in un ospedale pubblico su tre negli ultimi cinque anni s’è registrato un episodio di corruzione e secondo il 76% dei manager c’è il rischio concreto che nella propria struttura possa verificarsi un fenomeno corruttivo senza neanche usare le armi a disposizione per combattere quello che è diventato ormai un vero e proprio virus. Il virus della corruzione, che nella sanità sta diventando un male endemico. Che secondo alcuni può valere 6 mld. Ma possono essere poco di più, o poco di meno. Nulla cambia. Tanto che Raffaele Cantone, presidente Anac, pur cauto sui numeri, usa parole dure come la pietra: «Per l’enorme giro d’affari che ha intorno, la sanità è terreno di scorribande da parte di delinquenti di ogni tipo. La sanità assicura standard elevatissimi, ma la corruzione abbassa i livelli dei servizi». Perché ruba denaro alle cure, a chi ne ha bisogno. E allora, dice Cantone: «Sarei molto cauto sui numeri, ma credo che in sanità ci sia un problema molto significativo di sprechi e di fatti corruttivi».
La celebrazione ieri a Roma della prima «Giornata nazionale contro la corruzione in sanità», promossa con tanto di rapporto («Curiamo la corruzione») da Transparency International Italia, Censis, Ispe sanità e Rissc, ha riacceso i fari mai spenti, ma talvolta troppo bassi, degli sprechi e del malaffare nella sanità pubblica. Che poi è una torta di tutto rispetto: 111 mld (quest’anno) di risorse al Ssn, ma almeno altri 34 mld di spesa privata e di costi tutti a carico delle tasche degli italiani. Con i fatti amari e le truffe di tutti i giorni, le mazzette per avere prima una visita, la Guardia di Finanza che ha denunciato 806 mld di danni erariali nel Ssn. Già, quel vorticoso giro d’affari da quasi 140 mld intorno al quale in tanti vanno come le api al miele. «La mazzetta tradizionale è rimasta quasi solo un ricordo – ha denunciato ancora ieri Cantone alla presentazione del “Rapporto” -. Una delle maggiori criticità nel nostro piano anticorruzione sono le liste d’attesa. Anche le farmaceutiche, perfino la gestione delle sale mortuarie».
Spesa che vai, malaffare che trovi. La ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, nel suo messaggio ha rivendicato di aver voluto «aggredire» fin dall’inizio col Governo la corruzione. Da battere ora anche con la «circolazione,la condivisione e la trasparenza dei dati» e con la sanità digitale. E con i controlli, con le ultime misure della legge di stabilità 2016 sulle centrali uniche d’acquisto e le gare. Poi col «Piano nazionale anticorruzione» messo a punto proprio insieme a Cantone, che presto sarà rinverdito con precise linee guida per renderlo operativo e non consentire a nessuno nelle asl e negli ospedali di dimenticarlo, o peggio di aggirarlo.
Perché poi proprio questo denunciano i dati del «Rapporto» presentato ieri. Il 40% delle aziende sanitarie non ha pubblicato i rischi di corruzione e tanto meno le misure di prevenzione, mentre un’analisi benché parziale dei rischi è stata effettuata da poco più di una struttura su tre. In breve: appena una azienda sanitaria su quattro ha dato corso agli obblighi di legge. Con una classifica al Sud da far tremare i polsi agli onesti: gli obblighi anticorruzione sono sconosciuti al 100% in Molise, all’89% in Calabria, al 60% in Campania, al 58% in Sicilia. Dove al profondo disavanzo, a gestioni scellerate di decenni, corrisponde appunto non a caso un’infezione corruttiva massima. E antidoti zero, o quasi. E così acquisti di beni e servizi, realizzazione di opere e assunzione di personale sono classificati nell’ordine i principali ambiti a rischio di corruzione. Col 37% delle strutture sanitarie che negli ultimi cinque anni è stata infettata dal virus e un caso su tre degli episodi corruttivi non è stato aggredito come andava fatto. Intanto la barca andava. E le cure per chi ha davvero bisogno facevano a pugni coi tagli ripetuti di questi anni di rigore e per sovrappeso con il denaro pubblico rubato. Chissà, quattro, o forse sei, o forse otto miliardi sottratti ai più deboli. «Un furto di salute», hanno denunciato Lorenzin e Cantone.
Roberto Turno – Il Sole 24 Ore – 7 aprile 2016