Il debito pubblico è un freno. Fare del condono erariale un «istituto permanente» per deflazionare le liti
Il macigno del prelievo fiscale che vale il 45% del Pil. L’impatto «devastante» delle inefficienze e dell’«opacità» della macchina pubblica. La corruzione che impazza senza freni nel corpaccione della Pa. «Nessuna crescita è possibile se la spesa pubblica non si farà più efficace ed efficiente»: non ha usato mezze misure nel suo discorso d’insediamento di ieri il neo presidente della Corte dei conti, Raffaele Squitieri. Che ha messo in guardia: se il peso del debito rallenta il passo verso l’uscita del tunnel, per l’Italia cominciano ad arrivare adesso anche «segnali inquietanti di deflazione».
Ancora troppe ombre intravede insomma Squitieri a bocce ferme per il nostro Paese. Soprattutto perché, ha detto, «siamo in un momento storico in cui la spesa improduttiva appare sempre più inaccettabile». E se è vero che ormai la spesa pubblica vale più della metà della ricchezza, qualsiasi speranza di crescita è da considerare pura utopia. In questo senso, i capitoli di spesa e i comportamenti da aggredire, secondo Squitieri, sono ormai annosi. E a maggior ragione da prendere di petto. Ma per cambiare rotta «nulla sarà davvero efficace» se non sapremo combattere con forza quel virus della sfiducia «che si avverte in tutti i corpi della società»». Quella sfiducia, ha sottolineato il presidente della magistratura contabile, che è indice di «una crisi morale che spinge alla rassegnazione di fronte a soprusi e malversazioni». Di qui l’«impegno primario» indispensabile per contrastare la corruzione, perfino scrivendo finalmente leggi e norme chiare e semplici per porre un argine «agli insorgenti fenomeni di mala amministrazione». Tanto più se se si considerano i «deboli sistemi di controllo e di valutazione» sulla spesa e sui comportamenti, che uniti all’opacità e agli «scarsi livelli di integrità nelle gestioni pubbliche provocano un impatto devastante sull’economia e sulla credibilità dell’intero sistema-Paese».
Per non dire che a fare la sua parte c’è poi l’insostenibile pesantezza del prelievo fiscale. Che, oltre a tagliare le gambe a qualsiasi chance di ripresa economica e a mettere all’angolo la speranza di ridare ossigeno all’occupazione, impone per la sua parte una volta di più di «spendere meglio» e di «allocare meglio le risorse» raccolte con le tasse che crescono. Una sfida nella sfida. Con quel paletto sull’andamento dei conti pubblici che deriva dal peso di un debito da record mondiale «che rallenta ulteriormente il nostro passo, in un circolo vizioso da cui diventa sempre più difficile uscire». E ancora, quei segnali «inquietanti di deflazione» che arrivano oggi con l’effetto che a loro volta possono avere sull’appesantimento «del debito, di tutti debiti, centrali, locali, privati».
Parole, quelle di Squiteri, che non lasciano margine a dubbi, sulle cure da apprestare, oltreché sulla negatività della situazione adombrata. La Corte è qui per fare la sua parte, ha promesso, rivendicando più forze rispetto agli attuali 450 magistrati in servizio (30% in meno degli organici). E lanciando una proposta: fare del condono erariale un «istituto permanente» nel processo contabile, anticipandolo rispetto all’appello. Il risultato, assicura, sarebbe di deflazionare le liti e di «accelerare la turela giudiziaria» nel solco del giusto processo.
Il Sole 24 Ore – 12 dicembre 2013