Un “fatturato” di 50 miliardi di euro. Circa 240 reati al giorno, dal semplice furto di mezzi agricoli all’usura, dal racket all’abigeato (il furto di animali) che nell’ultimo anno hanno coinvolto 350mila agricoltori (pari a un terzo del totale). Sono i numeri della criminalità organizzata in agricoltura. Un’attenzione che negli anni si è evoluta sia sul piano della tipologia di attività svolta (che dalla semplice richiesta del “pizzo” vede oggi invece un coinvolgimento pieno lungo tutta la filiera alimentare dalla produzione fino alla distribuzione) che sotto il profilo geografico: dalle regioni d’elezione delle organizzazioni criminali, ovvero quelle del Mezzogiorno, oggi sono molte le indagini che portano alla luce interessi criminali in ogni area del paese.
Uno spaccato degli interessi delle organizzazioni criminali nel settore agricolo è stato fornito dal IV rapporto predisposto dalla Confederazione italiana agricoltori (Cia) e dalla Fondazione Humus e presentato ieri mattina al Cnel.
Gli interessi criminali si sono evoluti «L’impegno delle organizzazioni mafiose nel settore agricolo è rapidamente cambiato – ha spiega il responsabile di Sos Impresa, Lino Busà –. Da estortori i criminali sono oggi presenti in modo massiccio nella fase del trasporto e della logistica, nel commercio all’ingrosso e nella distribuzione. Il loro peso, inoltre, deriva anche dal fatto che in una fase di credit crunch come l’attuale possono intervenire con denaro contante, acquisendo imprese in difficoltà oppure corrompendo uomini delle istituzioni. Inoltre sono presenti nel settore agricolo con una forte capacità di innovazione: come testimoniato da molte indagini i gruppi criminali sono stati tra i primi a credere nel business delle agroenergie».
«Oggi il loro principale interesse – ha aggiunto il segretario della Fondazione Humus, Giancarlo Brunello – è nella distribuzione che, garantendo una ricaduta occupazionale, è in grado di rafforzare il loro peso sul territorio. La verità è che la criminalità è molto più attenta al settore agroalimentare di quanto non siano molti nostri economisti».
Le indagini non bastano bisogna aggredire i patrimoni. Magistratura e forze dell’ordine negli ultimi tempi si stanno occupando sempre più spesso delle ramificazioni agricole della criminalità organizzata. «Controllano tutte le fasi – ha aggiunto il generale dei Carabinieri, Giovanni Truglio – dall’imposizione di servizi di trasporto fino alla fissazione del prezzo dei prodotti. Accertare i reati è importante ma non basta ma bisogna aggredire il loro potere economico fare indagini patrimoniali e arrivare alle confische. Sequestrare a Riina 100 ettari di terreni a Corleone oppure a Michele Greco i 120 ettari dell’azienda di Pietralia ha per loro il peso di una condanna all’ergastolo».
Una misura «dalla quale ci attendiamo un positivo contributo – ha detto Marcello Tocco consigliere dell’Osservatorio Cnel sulla criminalità – è inserita nel decreto sulla spending review e prevede la possibilità per il lavoratore straniero che denuncia fenomeni di caporalato di ottenere il permesso di soggiorno». Una rete di imprese contro la criminalità Tantissimi, insomma, sono gli imprenditori che devono fare i conti con il racket, l’usura e il pizzo. «Per questo – ha detto il presidente della Confederazione italiana agricoltori, Giuseppe Politi – riteniamo indispensabile mettere insieme tutte le associazioni di categoria e instaurare un rapporto continuo e costruttivo con le istituzioni, magistratura e forze dell’ordine, per cercare di debellare questo cancro che sta mettendo a rischio la vita delle persone e la sopravvivenza delle imprese».
Il Sole 24 Ore – 11 luglio 2012