La notizia fa un po’ sorridere, al primo impatto, ma in realtà è seria perché coinvolge problemi come la povertà e la salute. Il fatto è che i bambini dei Paesi «Pigs» (maiali, in inglese) sono diventati effettivamente più porcellini con la crisi economica, nel senso che sono ingrassati.
Il perché di questo paradosso è presto svelato: le famiglie hanno meno soldi nel borsellino e così sono costrette a comprare cibi di minore qualità e (nella media) con più grassi e zuccheri e sostanze nocive assortite; a determinare il sovrappeso dei piccoli c’è anche la minore disponibilità economica per le attività sportive.
L’allarme viene lanciato dalla Coldiretti che a sua volta cita un rapporto dell’Ufficio Regionale per l’Europa dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
Preliminarmente ricordiamo che cosa sono i Pigs. La sigla originale stava per Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna, cioè il primo lotto di Paesi europei colpiti dalla crisi. Poi l’acronimo è stato stiracchiato in Piigs aggiungendo una «I» per l’Italia quando siamo stati travolti pure noi. Adesso che l’onda della crisi un po’ è rifluita da una parte e un po’ avanza altrove non c’è più troppa precisione nella sigla Pigs che ormai designa genericamente i Paesi europei in difficoltà, quali che siano.
Ebbene dice l’Oms che nei vari Stati europei fino al 27% dei tredicenni e fino al 33% dei bambini di 11 anni si trova sovrappeso. Fra gli undicenni il record spetta alla Grecia, seguita nell’ordine dal Portogallo, Spagna, Croazia, Italia e Polonia.
Nelle famiglie con minori disponibilità economiche c’è la tendenza ad alimentare i bambini con cibi a basso prezzo ricchi di grassi, sale, zuccheri abbinati spesso a bevande gassate a scapito di alimenti sani come la frutta e la verdura.
La situazione di crisi si fa sentire anche in Italia dove il numero dei bambini e adolescenti che mangia frutta e verdura a ogni pasto è sceso al 35% (a fronte del 37 % nel 2012), mentre quelli che la mangiano una volta al giorno sono passati al 35% (contro il 39) e si registra anche un aumento di coloro che non l’assumono o lo fanno un massimo di 2 volte a settimana (31% contro il 24).
Il risultato è che in Italia il 22,2% dei bambini è in sovrappeso e il 10,6% addirittura obeso.
La Stampa – 24 febbraio 2014