Il mondo degli allevatori dei bovini da latte torna in subbuglio. Complice un ulteriore calo dei prezzi (32 centesimi il litro) che a breve pagherà un importante gruppo lattiero caseario, la crisi del settore non sembra essere al punto di svolta. Anzi: dal 2009 a oggi hanno chiuso oltre settemila stalle, più di mille l’anno. E non sembrano avere effetti il pacchetto di misure varato all Comissario Ue all’Agricoltura, Phil Hogan, e quello del ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina.
La Ue, per affrontare nel marzo scorso la fine del regime delle quote, ha stanziato 500 milioni di euro da ripertire tra 28 Paesi. All’Italia poco più di 25 milioni, cioè 2,2 euro la tonnellata di latte prodotta. Il pacchetto latte del ministro Martina ha stanziato invece 120 milioni da ripertire fino0 alla fine del 2017, ma parte di questa somma è destinata a sostenere misure di incremento dell’export dei formaggi Dop, alla promozione e per affrontare la situazione debitoria degli allevamenti. In ultima istanza è arrivato il conto del prelievo di corresponsabilità (30 milioni) che gli allevatori dovranno pagare per aver superato il tetto produttivo assegnato. Ce ne è a sufficienza per accendere le polveri nel corso della tradizionale rassegna zootecnica organizzata dall’ente fiera di Cremona, giunta quest’anno alla sua settantesima edizione.
A cercare di mettere un punto fermo nel travaglkoato mondo della produzione di latte provvede il centro ricerca Crpa di Reggio Emilia che, nell’ambito di un incontro organizzato dall’associazione LIbera di Cremona, ha presentato uno studio sui costi produttivi messo a punto dal ricercatore Alberto Menghi. La conclusione: tra costi diretti e costi dei fattori produttivi, produrre un quintale di latte in una stalla cremonese costa 55,39 euro. A fronte di un prezzo di 35 euro di media in Lombardia, i conti sono presto fatti. Con questo bilancio, l’assessore regionale all’Agricoltura, Gianni Fava, rimarca: «O la trattiva sul prezzo del latte torna in Lombardia o non si va da nessuna parte», riferendosi ai tavoli latte aperti al ministero. Uno in particolare interessa a Fava e agli allevatori: quello sulla indicizzazione dle prezzo. Tavolo annunciato ai primi di settembre, per ora non ha trovato un sostaziale accordo. A Cremona si spera in nuovi incontri nella prossima settimana.
La crisi del latte tuttavia non è solo una crisi di prezzo. È una crisi generata da un settore produttivo frammentato, dall’assenza di politiche univoche di marchio e di marketing, da costi produttivi più alti rispetto a quelli di altri Paesi europei, di una politica commerciale aestera ncora debole per la maggioranza dei formaggi a denominazione di origine. Ecco perchè nel corso dell’incontro alla Fiera di Cremona sono state non poche le voci che hanno sollecitato il ministero a intervenire.
Roberto Iotti – Il Sole 24 Ore – 31 ottobre 2015