Un fondo alimentato da due rubinetti, i risparmi derivanti dalla spending review e dalla lotta all’evasione fiscale. Ma che rischia di non cogliere appieno l’obiettivo di apportare una decisa (e strutturale) riduzione della pressione fiscale su imprese e lavoratori.
Il meccanismo disegnato dal governo per rispondere all’appello unitario di tutte le parti sociali (e tradotto in un emendamento al ddl stabilità) non prevede, a ben vedere, un “automatismo” nell’assegnazione dei fondi. E poi nella ripartizione dei benefici «in parti uguali» (cioè al 50%) tra lavoratori e imprese “squilibra” i due bacini. Secondo la formulazione della norma depositata in commissione Bilancio della Camera infatti i lavoratori dovranno ripartire la loro quota con i pensionati; mentre le imprese con i professionisti e le piccole aziende con meno di 181mila euro di valore della produzione. Forte è quindi il rischio di distribuzioni “a pioggia”.
Nel fondo “taglia tasse”, poi, che dovrà essere istituito presso il ministero dell’Economia, dovranno confluire, a partire dal 2014, i risparmi derivanti dalla razionalizzazione della spesa pubblica. Così è scritto nel testo dell’emandamento. Ma si tratterà di risparmi “ulteriori”. Cioè al netto della quota di “spending review” già considerata nel ddl stabilità e delle «risorse da destinare a programmi finalizzati al conseguimento di esigenze prioritarie di equità sociale e di impegni inderogabili». Nel ddl stabilità, ai commi da 285 a 288, è previsto un “accantonamento” per il 2015 (tra spending vera e propria e clausola di garanzia) di 3,6 miliardi di euro (che quindi non andranno al taglio del cuneo). Poi potrebbero sopravvenire scelte di politica economica (di equità sociale e impegni inderogabili) con la possibilità, in più, di sottrarre altre risorse. Per esempio, per il 2014, la cassa integrazione in deroga è rifinanziata per 1,7 miliardi (ma se la spesa dovesse mantenersi sui livelli di quest’anno, oltre 2,5 miliardi, sarebbe necessario recuperare altri 800 milioni). Ogni anno poi c’è il problema del rifinanziamento delle missioni di pace, del 5 per mille (solo per il 2014 è destinato un importo di 400 milioni), dei libri scolastici. E quindi la dote “da spending” per la riduzione della pressione fiscale potrebbe scendere. Ecco perchè, probabilmente, per limitare il rischio, per il 2014 l’emendamento del governo prevede la possibilità di far confluire al fondo pure «le entrate non computate nei saldi di finanza pubblica derivanti da misure straordinarie di contrasto all’evasione» (tra cui quelle sul rientro dei capitali).
Inoltre, per i l biennio 2014-2015 (e a decorrere dal 2016) il fondo “taglia tasse” sarà alimentato dalle maggiori entrate incassate rispetto a quanto previsto a legislazione vigente derivanti dalle attività di contrasto all’evasione fiscale. Ma anche qui è previsto che queste somme siano «al netto» di quelle «derivanti dall’attività di recupero fiscale svolta dalla regioni, province e comuni».
Il meccanismo disegnato dal governo prevede che le risorse confluite nel fondo vengano utilizzate annualmente per incrementare deduzioni (per imprese) e detrazioni (per lavoratori e pensionati). Prevede anche un attento monitoraggio da parte di governo, parti sociali e parlamento. Si utilizzerà infatti il Def (il Documento di economia e finanza) per indicare i risparmi di spesa e i recuperi da evasione che dovranno essere indirizzati al nuovo fondo per la riduzione della pressione fiscale.
Il Sole 24 Ore – 17 dicembre 2013