Nel dipartimento di Biomedicina comparata del Bo, c’è un gruppo di ricercatori sempre sul piede di partenza. E la loro meta varia in base agli spiaggiamenti dei cetacei, analizzati meticolosamente per capirne le ragioni. L’Unità di intervento per la necroscopia dei grandi cetacei, istituita nel 2006 a Legnaro dal ministero dell’ambiente, svolge un ruolo decisivo per monitorare i mammiferi sottomarini.
L’ultimo intervento di un certo rilievo risale al 12 settembre, quando un gruppo di surfisti notò 7 capodogli arenati sulla spiaggia di Punta Penna, a Vasto (Chieti). Quattro, «respinti» in mare dai volontari, si salvarono; altri tre (tutte femmine, di cui due adulte) morirono. E in prima linea c’era anche Sandro Mazzariol, ricercatore di Medicina veterinaria e responsabile dell’Unità di intervento padovana (che fra tecnici, docenti e ricercatori conta una decina di elementi): «Ci hanno chiamati alle 7.30 di mattina, siamo partiti nel giro di tre ore – racconta Mazzariol -. Quando siamo arrivati, abbiamo ricevuto le indicazioni della Capitaneria di porto e abbiamo trovato il servizio veterinario dell’Asl, intervenuto per smaltire le carcasse. Il giorno dopo, ci hanno raggiunti anche 15 studenti del corso di alta formazione in Conservazione e gestione degli animali marini, con doppia sede a Chioggia e Legnaro, per imparare a muoversi sul campo». Per Mazzariol e soci, si tratta della terza missione in cinque anni: «Nel 2009 eravamo nel Gargano per un altro spiaggiamento di sette capodogli, e nel 2011 siamo intervenuti in Grecia. Ma due o tre volte all’anno, anche le balenottere finiscono sui litorali. Abbiamo un laboratorio mobile munito di tenda, frigorifero, microscopi, motoseghe e troncatrici, un pick up e due furgoni, oltre a un generatore che ci consente di lavorare anche di notte. Padova ha il compito di coordinare tutti gli enti coinvolti, come gli istituti zooprofilattici, e i risultati delle analisi, come le indagini virologiche». Nel caso di Vasto, le cause dello spiaggiamento non sono ancora chiare: «Potrebbero essere legate a un terremoto, ma ci vorranno sei mesi per capirlo – dice Mazzariol -. Condurremo una ricerca sui possibili fattori ambientali e antropologici, con esami istologici e al microscopio; l’analisi dei denti ci aiuterà a capire l’età dei capodogli. Abbiamo portato tutti i tessuti degli animali morti a Legnaro, dove c’è una banca dati che può essere consultata su richiesta. E a volte portiamo anche gli scheletri, di solito per finalità museali
Corveneto – 24 settembre 2014