Quella delibera non s’ha da approvare. Lo dicono il Pd e il Movimento Cinque Stelle e fin qui si potrebbe pensare al gioco delle parti. Ma lo dicono anche Coldiretti, Cia e Confcommercio e questo, forse, qualche grattacapo in più alla giunta Zaia potrebbe crearlo.
Il caso è quello sollevato dai consiglieri dem ieri, che ruota attorno alla delibera 79 approvata (fuori sacco, e cioè senza preavviso nell’ordine del giorno) il 28 ottobre scorso. Si tratta di una modifica di poche righe all’articolo 7 del regolamento varato nel 2013 in esecuzione della legge regionale sul Commercio, che va a ricomprendere tra «le aree e le strutture dismesse e degradate» che possono essere oggetto di recupero e successivo insediamento di nuovi centri commerciali, anche «le aree agricole adiacenti al centro urbano, purché già servite da adeguate opere di urbanizzazione e infrastrutture viabilistiche», che «risultino dismesse e confliggenti con il contesto figurativo e insediativo». Una norma che, secondo i consiglieri del Pd, sarebbe stata studiata appositamente per permettere la chiusura di un’operazione immobiliare a Musile di Piave, Comune di cui è stato sindaco il vice governatore Gianluca Forcolin, dove una società di Marghera vorrebbe trasformare un vecchio allevamento abbandonato in «Agrivillage», centro commerciale specializzato in prodotti tipici con 250 negozi distribuiti su 68 ettari. «Una modifica chirurgica, ad personam , che vanifica completamente lo spirito della legge sul Commercio, tesa a fermare la proliferazione della grande distribuzione, a favorire i negozi al dettaglio nei centri storici e ad impedire il consumo di nuove aree verdi – ha attaccato Graziano Azzalin -. Un ritocco che rischia di devastare il Veneto, perché spalanca le porte alla speculazione nelle centinaia di impianti zootecnici sparsi sul nostro territorio».
Forcolin, dopo consulto col governatore Luca Zaia, preferisce non commentare e si limita a sottolineare che «la norma ha valore generale, non si applica solo a Musile, ed è tesa a migliorare il paesaggio riqualificando siti inquinati, degradati, preda dei rottami e dell’amianto». In ogni caso, fanno sapere da Palazzo Balbi, al momento non c’è alcuna intenzione di ritirare la delibera, che quindi approderà in commissione Agricoltura mercoledì, secondo l’iter previsto. Al Pd, come si accennava, si è aggiunto anche il Movimento Cinque Stelle, con la consigliera Erika Baldin: «A dispetto di quanto dichiarato da Zaia nel suo programma la direzione che sta prendendo la giunta è chiaramente di senso opposto. Sembrava che improvvisamente si fosse riscoperto il valore del contenimento del consumo di suolo, ma nei fatti si concede ai Comuni di allargare l’area destinata ad attività commerciale anche alle aree agricole, colpendo così gli agricoltori, dimenticati dalla politica regionale». In effetti, nei giorni scorsi la Coldiretti aveva preso carta e penna per segnalare ai componenti della commissione tutta la sua contrarietà al provvedimento: «Temiamo che questa delibera possa introdurre pesanti deroghe e artifici giuridici – afferma il neo presidente Martino Cerantola – che potrebbero simulare una conservazione della superficie agricola e della destinazione d’uso agricolo per l’appunto solo apparenti, perché gli effetti reali delle modifiche al regolamento altro non farebbero che incentivare invece il depauperamento della superficie agricola a favore di interessi commerciali». D’accordo la Confederazione Italiana Agricoltori, paradossalmente reduce dall’audizione proprio sulla legge per la tutela del consumo del suolo: «L’equilibrio tra l’interesse allo sviluppo economico e quello della salvaguardia del territorio agricolo da una cementificazione ingiustificata è messo nuovamente a rischio – dice il presidente Flavio Furlani -e sì che avevamo messo in guardia sull’uso dello strumento delle deroghe che vanifica anche le scelte migliori. Perché la Regione non fa scelte più coraggiose a difesa delle aziende zootecniche che stanno chiudendo invece di consentire speculazioni immobiliari?». Chiude Massimo Zanon, presidente di Confcommercio: «Qualsiasi fuga in avanti che possa portare a nuove aperture in zone che non sono di interesse commerciale, oltre a non essere di buonsenso, è per noi inaccettabile. Capiremmo se si trattasse di attività nei centri urbani, ma la trasformazione di superfici ed edifici agricoli periferici in strutture a carattere commerciale è quanto di peggio si possa fare anche dal punto di vista dell’equilibrio distributivo. Zaia ha promesso che non ci sarà più consumo di suolo e questo è un escamotage per consentire l’avvento indiscriminato di nuovi insediamenti commerciali. Di cui, sinceramente, non si sente il bisogno. Sui principi enunciati dalla Regione a suo tempo auspicavamo e auspichiamo coerenza».
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«C’è una firma chiarissima su questa delibera, che per competenza è stata portata in giunta dall’assessore allo Sviluppo economico Marcato e da quello all’Urbanistica Corazzari, ed è la firma del vice presidente Gianluca Forcolin. Per un interesse personale, la costruzione di Agrivillage nella “sua” Musile di Piave, Forcolin vanifica lo stop ai centri commerciali e al consumo del suolo imposto dalla nuova legge sul Commercio, devastando il Veneto».
A dirlo, squadernando sul tavolo delibere della Regione, del Comune di Musile, planimetrie e codicilli, è il consigliere dem Graziano Azzalin. Con lui, i colleghi Piero Ruzzante, Francesca Zottis e Bruno Pigozzo, che avvertono: «Vogliamo il ritiro immediato della delibera». Se ne sarebbe dovuto discutere ieri in commissione Agricoltura, dov’è previsto un passaggio obbligatorio, ma la seduta è stata rinviata.
La vicenda nasce dalla delibera 79 approvata a Palazzo Balbi il 28 settembre scorso. In poche righe, il provvedimento va a modificare l’articolo 7 del regolamento varato nel 2013 in esecuzione della nuova legge regionale sul Commercio (legge la cui gestazione durò circa due anni), andando a ricomprendere tra «le aree e le strutture dismesse e degradate» che possono essere oggetto di recupero e successivo insediamento di nuovi centri commerciali, anche «le aree agricole adiacenti al centro urbano, purché già servite da adeguate opere di urbanizzazione e infrastrutture viabilistiche», che «risultino dismesse e confliggenti con il contesto figurativo e insediativo». Ai Comuni interessati, l’onere di provvedere «agli adempimenti conseguenti» (non meglio specificati: delibera?, variante al Pat?, riperimetrazione del centro urbano?). Una descrizione talmente accurata e chirurgica, da scatenare la curiosità dei consiglieri dem , sospettosi che la norma generale fosse stata in realtà cucita su misura per un caso peculiare. «Il 22 dicembre 2014, sindaco l’oggi vice presidente Forcolin, il Comune di Musile chiude un protocollo d’intesa con la società San Marco di Marghera – ricorda Zottis – intenzionata a rilevare un allevamento dismesso lungo la via Triestina (classificato come sito inquinato, ndr ) per costruirvi un centro di distribuzione di prodotti agricoli, chiamato “Agrivillage – Gustalia”». Il sito è strategico, vicino com’è al litorale, all’autostrada A4 e all’aeroporto Marco Polo, e il Comune di Musile s’impegna ad approvare la necessaria variante al Pat chiudendo con la San Marco un accordo pubblico «complesso». Ma c’è un problema e non di poco conto: trattandosi di area agricola, lì non si può fare alcun centro commerciale. Lo dice la legge sul Commercio, «quella che fu voluta da maggioranza e opposizione per fermare la cementificazione e la proliferazione della grande distribuzione, valorizzando i centri storici e i negozi al dettaglio» spiega Ruzzante. Si potrebbe fare in deroga, ma occorre «un interesse regionale» che nel caso di Agrivillage non viene rilevato. «E dunque come fa Forcolin ad aggirare la clausola di salvaguardia contenuta nella legge? – si chiede Pigozzo – Semplice, modifica la legge». Allargando alle aree agricole ciò che l’ex assessore al Commercio Coppola aveva pensato per i palazzi abbandonati nelle città. «Di certo non per le stalle, le porcilaie e i ricoveri per gli attrezzi agricoli» chiosa Azzalin. Che si dice pronto al ricorso se la maggioranza dovesse forzare la mano. «Perché in questo caso non solo non sono stati convocati i Comuni e i rappresentanti degli agricoltori e del commercio – precisa Ruzzante – ma si pretende di snaturare una legge con una semplice delibera ed un regolamento attuativo. E’ un colpo di mano, siamo all’urbanistica self service». Con conseguenze, però, per l’intero territorio, secondo Azzalin: «La norma, una volta approvata, vale infatti per tutti. Forcolin ha idea di quanti impianti zootecnici ci sono in giro per il Veneto? In 5 giorni non siamo riusciti a chiudere un censimento, neppure sentendo le categorie. E per ognuno di questi, domani potrebbe nascere un centro commerciale, future cattedrali nel deserto. Zaia, quello del “consumo zero”, il presidente green che ne pensa di questa bella pensata?».
Marco Bonet – Il Corriere del Veneto – 17 ottobre 2015