Riforma della scuola, Rai, riforma costituzionale, unioni civili. Una mole di provvedimenti in ballo al Senato che blocca il fiato e che rischia di svelare tutte le fragilità della coalizione di maggioranza. Il «Vietnam» per Matteo Renzi potrebbero essere le commissioni. Perché gli equilibri non sono favorevoli al governo e sono il prodotto di uno stravolgimento delle alleanze.
Una situazione cui ha portato l’avvento di Renzi, ma soprattutto la frammentazione di Forza Italia e che, in attesa, a luglio, delle rotazioni di metà legislatura delle presidenze, rende molto ingarbugliata la geografia degli organismi parlamentari. Basta partire dagli Affari costituzionali dove due esponenti di Gal – ammucchiata nata come satellite del centrodestra – sono troppi e uno va sostituito. Hanno lo stesso cognome: Giovanni Mauro e Mario Mauro, ma il secondo è in Gal da una settimana, dopo l’addio dei popolari alla maggioranza. Dentro Affari costituzionali si tornerà a combattere per la riforma del bicameralismo, con la minoranza Pd agguerritissima. Qui, il governo è andato sotto sulla scuola per tre senatori Ncd. «Disguido tecnico» si sono apprestati a chiarire. Era il giorno della richiesta di arresto di Antonio Azzollini. Altra grossa grana: Azzollini guida la commissione Bilancio dove passano le riforme per ottenere i pareri economici. Pareri che ora gravano sul testo della Buona Scuola, già in ritardo rispetto alle intenzioni del premier. Il presidente Ncd in verità sembra aver accelerato i lavori: «Strano» secondo la vicepresidente della commissione, la grillina Barbara Lezzi: «Perché Renzi aveva chiesto di rallentare sul ddl. Invece Azzollini ha pure convocato la commissione di giovedì, mentre noi lavoriamo solo il martedì e il mercoledì. Non vorrei fosse un segnale…». Domani il M5S chiederà che lasci la presidenza, in vista dell’arrivo del Dl Enti locali. Ma se in commissione Bilancio la proporzione è di 13 senatori a 10 per Renzi, in Agricoltura e Industria lo scarto si riduce ad appena un voto, mentre in commissione Lavoro il rapporto con l’opposizione è pari: 13 a 13. La vera incognita per le ricadute a breve è però rappresentata dall’Istruzione dove il governo sulla carta conterebbe su 14 senatori contro 12. Peccato però che due del Pd, Walter Tocci e Corradino Mineo sono contrari al ddl la scuola. E pensare che Mineo era stato trasferito dagli Affari costituzionali per neutralizzare il suo veto sulla riforma del Senato…
La Stampa – 14 giugno 2015