Equitalia resterà nel business della riscossione locale fino al 30 giugno 2013, ma i comuni potranno decidere di sciogliere questo matrimonio quando vogliono. Viene meno il divieto di procedere a nuovi affidamenti dell’attività di gestione e riscossione dei tributi locali che impediva di fatto agli enti di svincolarsi dalla società guidata da Attilio Befera.
La commissione bilancio della camera ha concluso col botto l’esame del decreto salva-enti (dl 174/2012) che approda in aula prodondamente modificato rispetto al testo iniziale. La liberazione fiscale dei comuni da un vincolo che il governo Monti, piuttosto a sorpresa, ha voluto inserire nel testo del decreto legge, è contenuta in un emendamento della Lega Nord (a firma dei deputati Massimo Polledri, Massimo Bitonci, Raffaele Volpi e Guido Vanalli) approvato contro il parere dell’esecutivo e dei relatori.
I leghisti cantano vittoria. «Da sempre combattiamo il sistema vessatorio di Equitalia verso cittadini e imprese», ha commentato Bitonci. «Si tratta di un provvedimento importante, passato nonostante l’opposizione del governo e del Pd, che porrà un freno alle ganasce fiscali imposte dall’esecutivo e applicate da Equitalia. Finalmente ci sarà un rapporto più sereno fra i cittadini e il fisco gestito direttamente dai comuni».
L’esecutivo è andato sotto per la seconda volta su un emendamento, presentato da Simonetta Rubinato (Pd) e analogo a una proposta di modifica della Lega. Vengono cancellate le penali per l’estinzione anticipata dei prestiti dei comuni. E non è una misura da poco, visto che per tutto il 2012 i sindaci saranno incentivati a ridurre il debito dalla norma che consente loro di dribblare i tagli della spending review.
Chi estinguerà i prestiti non dovrà pagare penali alla Cassa depositi e prestiti. Il governo ha tentato in tutti i modi di bloccare l’emendamento difendendo il diritto della Cdp a riscuotere le penali per l’estinzione anticipata dei prestiti al pari di qualunque altro istituto di credito. Ma alla fine la modifica è passata con il voto favorevole di Pd, Pdl e Lega e l’astensione dell’Udc.
Ora, in vista del voto finale in aula (che inizierà da martedì) bisognerà valutarne la copertura, non ancora quantificata. Rubinato annuncia battaglia: «Se si sono trovati 590 milioni per i comuni in pre-dissesto», ha commentato il deputato Pd che è anche sindaco di Roncade (Tv), «a maggior ragione si dovrebbero trovare per i comuni che contribuiscono alla riduzione dell’indebitamento del paese».
Il terzo ko per l’esecutivo è poi arrivato in serata sempre ad opera della Lega che ha fatto approvare un emendamento che sposta al 30 giugno il pagamento di tasse e contributi per i comuni dell’Emilia-Romagna e della Lombardia colpiti dal terremoto. Il governo si è riservato di verificare l’impatto economico.
Ma le novità inserite in extremis nel decreto non si fermano qui. Scompaiono i controlli preventivi di legittimità sugli atti delle regioni. La Corte dei conti potrà passare al setaccio solo i bilanci preventivi e consuntivi dei governatori, esattamente come già accade per comuni e province, ma non ficcare il naso negli atti, il che, oltre a evidenti problemi di costituzionalità, avrebbe rischiato di determinare la paralisi amministrativa delle regioni.
Arriva poi il tanto atteso obolo per il comune di Alessandria che in quanto ente già in dissesto non avrebbe potuto accedere al fondo rotativo di 590 milioni istituito per salvare i municipi prossimi al default. Il Viminale potrà anticipare 40 milioni di euro che verranno restituiti in tre anni, mentre per gli altri comuni che in futuro dovessero ricalcare le orme di Alessandria è in arrivo un ulteriore aiuto: potranno chiedere anticipazioni di tesoreria più ricche rispetto ad oggi visto che il limite, fissato a 3/12 delle entrate, è stato elevato a 5/12.
Al fondo pre-dissesto potranno accedere tutti i comuni. Ma in realtà si tratta di una possibilità solo teorica. Montecitorio ha sì bocciato la proposta del governo e dei relatori di limitare la chance solo agli enti con più di 20mila abitanti, ma ha raddoppiato (da 100 a 200 euro per abitante) la quota pro-capite del fondo di cui potranno beneficiare i sindaci. Le risorse, invece, sono rimaste le stesse: 590 milioni nel 2012, 100 nel 2013 e 200 nel 2014.
«Va da sé che i grandi comuni finiranno per accaparrarsi la gran parte della torta lasciando agli altri le briciole», ha commentato Rubinato, secondo cui le modifiche introdotte dal governo e dai relatori sono «un pessimo segnale perché premiano non i virtuosi ma gli ultimi della classe, quelli che hanno mal amministrato».
ItaliaOggi – 4 novembre 2012