Il Corriere della Sera. «A breve» dovrebbero arrivare dall’Unione europea «novità positive». Il presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi parla anche di vaccini nel suo secondo round di consultazioni. E dietro le sue parole si intravedono due notizie che potrebbero somigliare a una svolta. Le novità in arrivo dovrebbero materializzarsi non solo in un aumento delle forniture complessive all’Unione europea, come già avvenuto due settimane fa visto il potenziamento della produzione da parte di tutte le aziende. Ma anche in una rimodulazione delle quote nazionali, che potrebbe dare all’Italia una fetta più grande rispetto a quella prevista finora. O almeno un anticipo sui tempi delle consegne. Sarebbe un cambio di passo.
In parallelo il prossimo governo potrebbe mettere mano ad altri interventi sul fronte interno, in parte già previsti per i prossimi mesi: una piattaforma digitale unica per le prenotazioni, un call center, somministrazioni 24 ore su 24. Il tutto per accelerare la campagna rispetto ai 2,7 milioni di dosi somministrate fino a ieri, con 1,2 milioni di persone vaccinate con due dosi, comunque il dato più alto nell’Unione europea. Resta da vedere se le «novità positive» in arrivo da Bruxelles smonteranno la campagna acquisti parallela allo studio delle regioni, con il Veneto in testa. Un fronte al quale si aggiungono l’Emilia-Romagna, che si dichiara «pronta a sondare opportunità autonome di acquisto», e il Friuli-Venezia Giulia. Una strada sulla quale non mette ostacoli Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico scientifico: «Normale che i presidenti di regione cerchino soluzioni alternative per aumentare la disponibilità».
Il piano
Somministrazioni
24 ore su 24 e un call center per accelerare
la campagna
Nel frattempo resta la grana AstraZeneca, il vaccino riservato a insegnanti, militari e poliziotti al di sotto dei 55 anni. E considerato meno efficace degli altri, specie sulla variante sudafricana. Il primo test arriva dalla Toscana. Ieri sera la regione ha aperto le prenotazioni e nella prima mezzora le richieste sono state 4.169. Un buon risultato ma non un plebiscito. Perché su questo vaccino resta un certo scetticismo da parte delle categorie interessate, che comprendono anche personale delle carceri e reclusi, comunità e trasporto pubblico. Ma cosa succederà a chi oggi non aderisce all’immunizzazione con AstraZeneca, magari per aspettare un vaccino che considera migliore? L’orientamento è che finisca in coda, e venga vaccinato quando la campagna avrà completato l’ultimo passaggio, quello riservato alla popolazione compresa tra i 16 e i 55 anni. Il loro turno arriverebbe fra qualche mese. Si tratta di un orientamento e non di una certezza perché siamo davanti a un imprevisto. Finora era stato messo nel conto che alcune persone avrebbero scelto di vaccinarsi e altre no, visto che l’obbligo non c’è. Ma non che si potesse cambiare idea a seconda del vaccino offerto, né che ci sarebbero state differenze così marcate sull’efficacia dei singoli prodotti e sul loro gradimento. Fermo restando che ogni vaccino protegge e che è questo è l’unico modo per arginare i contagi.
Ieri è stata pubblicata la nuova versione del piano vaccinale che conferma le sei tappe in ordine decrescente di rischio. Si comincerà dai 2 milioni di «estremamente vulnerabili», compresi in 12 «aree di patologia» che includono anche la disabilità fisica e intellettiva. Fino ai 29 milioni di persone tra 16 e 54 anni. Le Regioni, però, parlano di «difficile applicazione per la carenza di dosi e l’indeterminatezza di alcune indicazioni». Per questo chiedono di usare AstraZeneca anche per le persone con più di 55 anni senza patologie e verificare la disponibilità di altri vaccini. Ieri c’è stata anche l’ultima conferenza Stato Regioni del governo uscente. «Nell’emergenza siamo diventati un corpo unico» ha detto il ministro per gli Affari regionali Boccia.