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Dalle farmacie chiuse ai taxi fermi. Protestano le categorie deluse

Continua a non piacere a molte categorie il decreto sulle liberalizzazioni approvato l’altra  sera dal Consiglio dei ministri.

Certo, questi sono i giorni dell’approfondimento, bisogna leggere bene le norme, comprenderne l’impatto ma già dalle prime ore del day after si è capito a chi il decreto è ancora indigesto. A ribadire il «no» sono per primi i tassisti, che domani si fermano dalle 8 alle 20, anche se un ammorbidimento della posizione del governo non viene negata da una parte di loro; poi ci sono i farmacisti, che non tornano indietro sullo sciopero del primo febbraio perché non condividono l’aumento a dire loro eccessivo del numero degli esercizi; i benzinai ribadiscono la serrata per non più di tre giorni consecutivi, perché temono solo conseguenze negative per i gestori mentre, dicono, non c’è una riga nel decreto per i petrolieri e quindi a favore di una vera liberalizzazione che faccia scendere i prezzi. Tutte e tre le categorie non rinunceranno quindi a continuare le proteste nella speranza che in Parlamento il decreto venga modificato.

I tassisti

Sono tornati a circolare i taxi, anche se gli irriducibili hanno continuato una forma di protesta con il turno libero, quindi lavorando liberamente già a partire dalle prime ore e per tutta la giornata. Ma è solo una tregua. Lo sciopero di domani, di 12 ore, è confermato. Il punto più contestato è quello delle licenze: il decreto stabilisce che sarà l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, fino a quando non verrà istituita la nuova authority per i trasporti, a decidere, dal 30 giugno, sull’aumento o sulla riduzione delle licenze. Dovrà insomma valutare città per città sentendo i sindaci interessati. Non piace ai tassisti anche che il governo da un lato ha «convenuto di eliminare il cumulo delle licenze per non accentrare nelle mani di un solo imprenditore più licenze», come ha spiegato il sottosegretario Catricalà, ma poi nelle norme è scritto che uno stesso soggetto può «avere la titolarità di più licenze». «Il governo si è comportato da irresponsabile e bugiardo – reagisce il segretario nazionale di Ugl Taxi Pietro Marinelli -. Durante lo sciopero, a Roma, parlerò anche e soprattutto da tassista e non da sindacalista poiché non ci sono più trattative da fare». Non su questa linea la Confartigianato Taxi che non parteciperà allo sciopero di domani. Il presidente Fabio Parigi conferma di preferire, «con senso di responsabilità, la strada della proposta a quella della protesta».

I farmacisti

«Avevamo detto che un dieci per cento di farmacie in piùper noi andava bene ma il governo ha scelto un aumento del 45 per cento. Mi pare davvero insostenibile». È questo il punto su cui non esiste neppure la possibilità di discutere per i farmacisti: lo dice chiaro e tondo il presidente di Federfarma Annarosa Racca che ha calcolato un aumento di 7 mila farmacie e non di 5 mila come dice il decreto. «Perché nel testo – spiega – ci sono una serie di deroghe che di fatto, abbiamo calcolato, porterà ad una crescita degli esercizi non di 5 mila ma di 7 mila nuove farmacie e questo significa il 45 per cento in più. Come possono pensare che un simile aumento sia sostenibile? Significherà solo un impoverimento del servizio e una diminuzione della professionalità». I farmacisti hanno quindi programmato una serie di giornate di sciopero, la prima delle quali è già prevista per il prossimo primo febbraio, «anche se è ovvio – continua il presidente – che resteranno aperte le farmacie di turno per consentire ai cittadini di comprare farmaci urgenti». Nel frattempo, e anche dopo, l’intento della categoria è di «lavorare perché il testo sia modificato».

Eppure i farmacisti sono tra quelli che hanno ottenuto di più dai passi indietro del governo: la ricetta resterà in farmacia e i farmaci di fascia C, quelli a carico dei cittadini ma per i quali c’è bisogno di prescrizione, non potranno essere venduti fuori dalle farmacie, ad eccezione di quei medicinali che non avranno più bisogno di ricetta secondo le indicazioni dell’Agenzia del farmaco. Questo punto ha fatto reagire duramente il Movimento nazionale liberi farmacisti (titolari di parafarmacie). Dice il presidente Vincenzo Devito: «Lo sciopero di Federfarma è un atto arrogante contro i cittadini, non vogliono rinunciare a nulla, desiderano mantenere tutti i privilegi». Le parafarmacie tentavano infatti di ottenere almeno la vendita dei medicinali di fascia C.

I benzinai

Loro sì che volevano vere liberalizzazioni, dicono, ma non sembrano averle ottenute. Sono i benzinai che, rispetto alle altre categorie, andavano in direzione diversa. I benzinai volevano un governo capace di intaccare lo strapotere delle compagnie petrolifere e quindi dei petrolieri ma, ribadiscono, nulla di tutto questo sta nel decreto finale. «Come prima, peggio di prima», scrive la Faib Confesercenti in un comunicato. E conferma lo sciopero, che non sarà di dieci giorni come annunciato in un primo momento ma di 72 ore consecutive al massimo, come vuole l’Autorità di garanzia.

Nel decreto, come approvato venerdì, non c’è più lo stop ai contratti di esclusiva tra i gestori degli impianti di distribuzione e le compagnie petrolifere. Questa norma viene approvata soltanto per i gestori-proprietari, che tuttavia sono solo 500 su 25 mila in Italia. C’è invece per i gestori la possibilità di aggregarsi per riuscire a ottenere prezzi più bassi dalle compagnie petrolifere al momento dell’acquisto del carburante. Che però non vedono come questa timida norma possa davvero portare a un abbassamento dei prezzi del carburante che in Italia è il più alto d’Europa. «Alla fine il governo fa retromarcia su tutta la linea di fronte alla potente lobby dei petrolieri – scrive la Faib nel comunicato -, i cui privilegi non vengono neanche scalfiti ma persino rafforzati dalle misure che sono in procinto di essere varate. Nessun impianto “multimarca”, come pure l’Antitrust aveva recentemente chiesto.

Nessuna libertà per i gestori di rifornirsi sul libero mercato alle condizioni più convenienti per poter dare agli automobilisti italiani prezzi più bassi dei carburanti. Il governo si limita a gettare fumo negli occhi dell’opinione pubblica “liberando” solo chi è già libero, cioè i proprietari degli impianti». Per il resto, dicono ancora i benzinai, «c’è sempre e soltanto il controllo dei petrolieri sull’intera filiera, e a loro viene dato anche un regalo inaspettato: ogni compagnia potrà fissare le condizioni contrattuali che vuole, con ogni singolo benzinaio, senza nessuna tutela, nessuna contrattazione, nessuna mediazione collettiva». Il risultato, è la convinzione della Faib, sarà consegnare al nostro Paese una distribuzione carburanti ancora più ingessata.

Corriere.it – 22 gennaio 2012

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