Ha già fatto una riunione ad hoc. Entro fine anno, ma spera già ben prima, il ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia vuole riuscire a licenziare i decreti attuativi del decreto che porta il suo nome, da oggi ufficialmente legge. Entra in vigore oggi infatti la riforma della pubblica amministrazione voluta con tutte le forze dal presidente del Consiglio Matteo Renzi e dal ministro della Funzione Pubblica. E’ stato pubblicato sul supplemento ordinario n.70 della Gazzetta Ufficiale del 18 agosto il testo della legge 114 datata 11 agosto, con cui viene convertito il decreto legge n. 90 del 24 giugno scorso. L’ha approvato lo scorso 7 agosto il Parlamento, tra le polemiche per l’esclusione dello sblocco di quattromila pensionamenti nella scuola e l’aiuto della questione di fiducia posta dal governo.
Ora lo stop al trattenimento in servizio dopo aver raggiunto i requisiti per la pensione (da fine ottobre), il via libera alla possibilità di trasferire un dipendente pubblico nel raggio di 50 chilometri, purché non abbia figli sotto i tre anni o usufruisca della legge 104 per assistere disabili, gli oltre mille posti da vigili del fuoco, e un turn over più flessibile, con il via libera ad assunzioni per non più del 20% delle spese sostenute per chi è uscito da quella amministrazione (percentuale che diventerà del 40 nel 2015 e del 100 nel 2018) è legge dello Stato.
«Il decreto Madia è legge», ha twittato appena approvato dalla Camera il premier Matteo Renzi, «adesso sotto con la delega e i decreti attuativi». Sui decreti attuativi, appunto, sta lavorando la Madia: volutamente ha cercato di limitare il numero, perché al più presto possano essere fatti e la legge essere completamente operativa, visto che troppo spesso in passato i decreti attuativi hanno tardato ad arrivare. Mentre sulla legge delega, considerato dal premier «cuore» dell’operazione di rinnovamento, sarà impegnata da settembre la Commissione affari costituzionali del Senato: l’obiettivo è riuscire ad approvarla entro l’anno.
Per intanto, le regole scritte nel decreto sono operative: ad esempio, dalla fine di ottobre qualunque dipendente pubblico abbia i requisiti per la pensione lascia il posto (finora poteva fermarsi ancora due anni), norma che solo per i magistrati si applicherà più avanti, da inizio 2016. Per loro, però, si introduce una stretta nella possibilità di avere un’aspettativa per lavorare con la Pubblica amministrazione: chi ha incarichi di diretta collaborazione, non potrà più ricorrere all’aspettativa, dovrà andare fuori ruolo. Ancora, le amministrazioni potranno mandare in pensione i dirigenti di 62 anni, purché abbiano anzianità massima. E per i membri dei Cda di società partecipate che lavorano in maniera praticamente esclusiva con la Pa, scatta un taglio della remunerazione del 20%. Caleranno anche le somme che le imprese versano alle Camere di commercio, ma gradualmente: ci sarà un taglio del 35% nel 2015, del 40% nel 2016 e un dimezzamento nel 2017.
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La Stampa – 19 agosto 2014