Il danno all’immagine della pubblica amministrazione è risarcibile quando la condotta del dipendente supera la “soglia minima” dell’offesa, ed è quindi altamente lesiva all’immagine e determina una corale disapprovazione e sfiducia nell’amministrazione. Così ha deciso la Corte dei conti (sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, sentenza 14 marzo 2014, n. 47), che ha stabilito importanti princìpi su questo risarcimento.
Il caso che ha dato origine a questa sentenza è singolare e può far sorridere. Un carabiniere, che era in servizio di vigilanza, ha interrotto il servizio, si è recato “in divisa” da un barbiere e si è fatto tagliare i capelli. Un passante lo ha visto, e ha segnalato questo fatto alla locale centrale operativa. Per questo comportamento, il carabiniere è stato condannato a un mese e dieci giorni di reclusione militare e a una sanzione disciplinare. Ma è sorto il problema della violazione dell’immagine della pubblica amministrazione e del risarcimento di questo danno. Secondo la Corte dei conti il risarcimento del danno all’immagine può avvenire soltanto come conseguenza di uno dei reati previsti nel Capo I, Titolo II, Libro secondo, del Codice penale, accertato con sentenza irrevocabile di condanna. Non si ha quindi risarcimento per la violazione di qualsiasi dovere di servizio. Inoltre l’entità del danno all’immagine, come stabilito dal comma 1 sexies articolo 1, legge 20/1994 si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale o di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente.
La Corte ha anche precisato che la condotta del dipendente deve superare una “soglia minima” di offensività. Questa condotta deve essere quindi gravemente lesiva dell’immagine pubblica, così da far sorgere un corale e persistente sentimento di sfiducia verso l’amministrazione, e da determinare la convinzione che i comportamenti patologici posti in essere siano usuali nella pubblica amministrazione. Il comportamento del Carabiniere non ha – a giudizio della Corte – superato la “soglia minima”, perché si è trattato di un episodio, circoscritto anche nel tempo, e non vi è stata un’ampia notizia del fatto.
La sentenza è da condividere. In contrario agli argomenti della Corte si potrebbe obiettare che, anche se si è trattato di un unico episodio, non ha di certo giovato al prestigio dell’Arma il fatto che il carabiniere sia andato a farsi tagliare i capelli “in divisa”. Ma l’obiezione non sarebbe persuasiva. Infatti, sia per questo fatto, sia – e specialmente – per avere interrotto il servizio, il carabiniere è stato condannato in sede penale e disciplinare.
Per il risarcimento del danno di immagine, la sentenza ha il pregio di avere puntualizzato la necessità del superamento della “soglia minima” dell’offesa all’immagine dell’amministrazione pubblica, tale da incrinare quel rapporto di fiducia che deve necessariamente unire i cittadini e l’amministrazione pubblica.
Il Sole 24 Ore – 25 agosto 2014